John Stuart Mill, La servitù delle donne, 1869

Due righe sul liberalismo nella storia

Il liberalismo è una dottrina politica, di ispirazione anti-autoritaria, nata in seno all’Illuminismo (anche se alcuni pensano che le prime radici di questo pensiero risalgano addirittura al Medioevo).
Nato per sottolineare il valore dell’individuo, la sua autonomia rispetto allo Stato, e la separazione tra pubblico e privato, si sviluppa tramite nuovi pensatori , che, combattendo il concetto, caro ai pensatori proto-liberali (come Hobbes, che però non può dirsi davvero “liberale”), di giusnaturalismo (una norma di condotta intersoggettiva universalmente valida e immutabile), estendono i diritti civili, politici e sociali agli obiettivi del liberalismo, in coerenza con lo spirito “anti-autoritario” iniziale.
E’ giusto, quindi, essendo il liberalismo un fenomeno complesso, fare i giusti distinguo:
Liberalismo Sociale, che si oppone al conservatorismo quanto al socialismo. Per collocarlo politicamente, dobbiamo pensare ai Democratici Americani (progressismo di stampo social-democratico, i cosiddetti “Liberal“), a Più Europa, e alla forza centrista europea denominata Alleanza di Liberali e Democratici per L’Europa
Liberalismo Economico, in Italia rinominato “Liberismo, termine coniato, in lingua italiana, da Benedetto Croce, e incarnato da personalità come Luigi Enaudi, Friedman e Von Hayek. Nel resto del mondo viene semplicemente denominato “Liberalism”.
Anarco-Capitalismo: Autorità pubblica ridotta al minimo, difesa dei diritti individuali (Stirner)
Tutte le forme di liberalismo propongono anche la totale separazione di Stato e Chiesa, e la totale Laicità delle Istituzioni.

 

Liberalismo nella Prima e Seconda Repubblica Italiana


Uno dei grossi problemi, in Italia, è che liberale ha man mano cambiato significato rispetto al significato del passato, e al significato che continua ad avere nel resto del mondo.
Se, nella Prima Repubblica, il PLI (Partito Liberale Italiano) ha rappresentato lo spirito del Liberalismo (ma in parte lo ha fatto anche il Partito Radicale), il termine ha iniziato ad essere distorto nella Seconda Repubblica, quando Forza Italia ha sicuramente abbracciato il liberalismo economico, ma non quello sociale, nonostante si mostrasse, sui diritti civili, più aperta dei partiti che in quegli anni erano più a destra di Forza Italia (MSI ed Alleanza Nazionale).
Esponenti dello spirito Liberale di quegli anni, tramite partiti di centro destra, Italo Bocchino, Luca Barbareschi, Benedetto Della Vedova, Mara Carfagna, Alessandro Cecchi Paone e il Gianfranco Fini degli ultimi anni, ma si potrebbero citare anche donne non certo di Sinistra, impegnate nei diritti delle donne: l’ultima Oriana Fallaci, Stefania Prestigiacomo, Giulia Bongiorno. E si possono anche citare, ai confini con la Terza Repubblica, dei tentativi di partiti laici e liberali: Scelta Civica, Futuro e Libertà, Fare per Fermare il Declino.

 

Liberalismo nella Terza Repubblica Italiana

Oggi, la situazione è peggiorata. Si definiscono Liberali, da Statuto, la Lega e persino Fratelli D’Italia, che in teoria dovrebbe appartenere alla “destra statalista”, erede della Fiamma Tricolore, e quindi, oltre a non essere liberale, non dovrebbe neanche essere “liberista”.
Liberale, è, dunque, diventato sinonimo di conservatore, se non reazionario, di integralista cattolico. L’unico valore di “libertà” individuale che sembrano abbracciare i nuovi “liberali” di estrema destra sono quelli del “diritto al libero pensiero, ovvero il “diritto” di pensare (e dire) che una coppia gay non è valida quanto una coppia etero, le persone trans vanno “misgenderate” (ci si deve rivolgere a loro come da sesso biologico, anche quando hanno cambiato i documenti), che le donne abbiano dei ruoli sociali “innati”, che le etnie non caucasiche siano inferiori.
Per completare il quadro, ora, si definisce liberale anche chi è antieuropeista, sovranista, autarchico.


Come è cambiato l’elettorato di destra in Italia e nel mondo

Perché è successo?
E’ cambiato l’elettorato di destra. Se un tempo a votare la destra era chi ne aveva convenienza economica, e magari aveva il “portafoglio a destra” e il “cuore a sinistra” (persone per la meritocrazia, contro gli assistenzialismi, e indignati del fatto che più lavori, più ti tassano), oggi, a destra, si è spostato un elettorato non istruito, non affermato sul lavoro, che non teme l’alta tassazione, perché fa lavori umili, ma che viene demagogicamente convinto che siano le destre conservatrici e reazionarie a fare il suo interesse. Poveri e ignoranti, come molti di coloro che hanno fatto “l’attentato” al Campidoglio (tra loro anche “laureati”, e/o appartenenti a famiglie molto facoltose, entrambi fattori che di per sé non sono dati che garantiscono “cultura”), che, non potendosi unire sotto il cappello di valori liberisti e “no-tax”, vengono aggregati da “burattinai” colti sotto al cappello degli ultra-reazionari, convinti che i propri fallimenti professionali derivino da persone di colore, donne e gay.
Con questo spirito, sono nati i movimenti della destra americana Alt Right, che rivendica il fatto che il “vero discriminato” oggi sarebbe l’uomo etero. Gli “incel”, i “redpillati”, e gli MRA, convinti che oggi la donna sia “talmente emancipata” da poter scartare un compagno brutto, poco capace a letto, povero e ignorante.
E’ la rivolta dei “peggiori”, quelli che un tempo avrebbero votato la sinistra, e che davano la colpa allo Stato di tutti i loro fallimenti, e che oggi danno la colpa ai pharmacos: agli attori di colore che vincono l’Oscar, alle manager transgender, agli stilisti gay, alle donne single e senza figli.

 

Dove si è spostato il voto dei professionisti ambiziosi e colti?

Di contro, l’elettorato colto, il mondo dei professionisti d’alto livello, si è spostato a “sinistra”, in una sinistra che sinistra non è più: il PD o Italia Viva. I colti e ricchi delle grandi città italiane, ormai, sanno che partiti di centro destra tutelano anche i loro diritti di benestanti che vogliono rimanere tali, e che non hanno bisogno di votare un Centro Destra italiano, che, rispetto ai tempi di Montanelli (magari “squallido” nella vita privata, ma un conservatore di quelli che credeva che, all’esterno, si dovesse apparire “signorili” e non “pecorecci”), è diventato sempre più esplicitamente sessista, razzista, omofoba e pecoreccio, usando come strumenti dei “giornalacci” pieni di parolacce, vignette scurrili e aggressività, una volgarità da cui il colto ricco vuole prendere le distanze.
Il “liberale” di oggi, quindi, legge il Sole24Ore, non legge Libero, o Il Giornale, vota il PD, esulta per la vittoria di Biden, legge l’autobiografia di Obama, e manda i figli al liceo classico in centro, ma sta attento a non dirsi “liberale”, ora che questo termine, almeno in Italia, è diventato sinonimo di “fascistone bigotto”.