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We are who we are, potrebbe essere la storia di un giovane ftm gay/non binary?

We are who we are: trama e gay kiss

Non ho dato a “Chiamami col tuo nome” la giusta attenzione, quando l’ho visto al cinema, con un gruppo di amici gay entusiasti: narrava una storia troppo diversa dalla mia: il giovane alla scoperta della sua sessualità che prende una sbandata per l’uomo adulto, amico del padre, che poi lo abbandona per un destino conforme ed eteronormativo.
Ai miei occhi non apparivano come due bisessuali che hanno avuto un loro momento, ma mi sembrava la classica storia dell’uomo adulto velato che prende in giro il ragazzino, e questo ha creato in me un pregiudizio verso Guadagnino.
Ma quando l’amico GI mi ha parlato di We are who we are, accennandomi la trama delle prime puntate, ho deciso di dare una possibilità a questa serie tv, presente sulla piattaforma NOW TV e su Sky.


La trama (allarme spoiler), salta il paragrafo se vuoi


I protagonisti sono due: Fraser, adolescente ribelle, fashion victim e per nulla virile, figlio di una donna, da poco a capo della base militare di Chioggia, che ha una compagna, che ha conosciuto appena dopo aver scoperto di essere incinta, quindi, di fatto, figlio di queste due donne, e poi abbiamo un personaggio che viene chiamato Catlin da genitori, una donna Nigeriana e un alto grado militare afroamericano trumpista.
Fraser nota qualcosa di singolare in Catlin, e “la” pedina, per scoprire che, al di fuori della base, si presenta come Harper e prova “euforia di genere” ad essere considerata maschio. A quel punto i due diventano amici e Fraser aiuta Harper a prendere consapevolezza, parlando a lui dell’essere “transgender”, non come mero passaggio da un genere all’altro, ma come dell’essere “oltre”, e accompagna Harper nelle sue sperimentazione, regalandogli vestiti e rasando i suoi capelli, la lunga chioma iconica che lo rendeva la ragazza più carina della scuola, ambita da molti maschietti, con cui però limonava in modo annoiato.

 


Harper sperimenta con alcune ragazze (una ragazza di Chioggia, poi la sua migliore amica, e infine una stone butch molto maschile di Bologna, informata su cosa è un transgender, proprio perché a Bologna non dimentichiamo che c’è il MIT), che hanno il pregio di vederlo uomo, ma solo dopo rivelano di sapere della sua natura biologica. Non sembra interessato a questi baci, e l’interesse scema del tutto quando viene fuori che sanno che non è un uomo biologicamente maschio.
Poi abbiamo Fraser, arrabbiato con le madri per averlo portato via da New York e dal suo migliore amico, di cui era innamorato. Trova in un soldato trentenne una figura paterna, ma anche un ragazzo da cui è attratto, e che cerca di corteggiare, con parziale successo, visto che il soldato flirta apertamente, pur chiarendo che ha una fidanzata, che, a quanto pare, non ha problemi con la sua bisessualità.
Poi abbiamo le famiglie dei ragazzi. Harper ha un padre conservatore e ossessionato dagli Usa, tanto che ha fatto perdere l’identità africana alla moglie e al figlio adottivo, che la moglie aveva avuto da una precedente relazione, cambiando i loro nomi, americanizzandoli, e facendo sì che il figliastro cerchi le origini islamiche. La moglie nigeriana, però, scoprirà un fugace amore con una delle madri di Fraser, mentre l’altra proverà un passeggero invaghimento per il soldato bisessuale che piace tanto al figlio.
Infine, il giorno prima della partenza della famiglia di Harper, la quale ha visto i cambiamenti “della figlia” (del figlio?) come il risultato della cattiva influenza di Fraser e della sua famiglia, finalmente Harper e Fraser avranno un momento per loro stessi, in cui Fraser, dopo aver pomiciato con un coetaneo, capirà che ha sempre avuto interesse per Harper, e anche Harper capirà la stessa cosa, e i due, finalmente, si baceranno davanti ad un tramonto nei portici bolognesi.

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we are who we are gay kiss

Commenti sulla serie

La serie sembra affermare che siamo tutti bisessuali, compreso il giovane soldato poliamoroso, compresa la madre biologica di Fraser, militare in carriera e piuttosto “butch”, compresa la madre nigeriana di Harper, che si abbandona ad un amore lesbico con la co-madre di Fraser, e così via per quasi tutti i personaggi, forse ad esclusione del rigido padre di Harper, trumpista e conservatore.
Nella serie vengono sviluppati vari temi: la morte di giovani soldati in inutili missioni all’estero, ma anche il fatto che tutti pensino sempre che se una giovane persona scopre la sua identità anche grazie a persone simili con cui entra in contatto, sia “colpa” di queste ultime, che lo/la stanno portando sulla cattiva strada.

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Non biologismo e amori gay al di là del corpo


Infine c’è un dato particolare, inedito nel precedente film di Guadagnino, ed è come se il regista volesse condividere un messaggio di non biologismo e amori che vanno al di là dei corpi. Per buona parte delle puntate, avvengono fatti che fanno pensare che Fraser sia gay e non bisessuale: lo bacia una ragazza ad una festa, ma lui non ne sembra felice, il maggiore gli propone un menage a trois con la fidanzata, ma lui scappa sconvolto, e bacia anche un ragazzo ad un concerto. Guadagnino fa dire anche al padre di Harper che Fraser è sicuramente gay e che è inutile che abbia tagliato i capelli per lui, perché soffrirà inutilmente per un amore impossibile (ma Harper non li aveva affatto tagliati per lui, anche se ovviamente il discorso paternalista è biologista, senza nessuna cattiva fede, ma lo è).  Di contro, Harper ogni volta che viene baciato da una ragazza, dice di non essere sicuro che gli sia piaciuto, e scappa via disinteressato.
Forse, Guadagnino vuole sia portare il tema della fluidità e della scoperta (non solo degli adolescenti, ma anche dei genitori), ma anche sottolineare il fatto che Fraser, ragazzo gay, “checca” e fashion victim, è in realtà innamorato di Harper.
C’è una scena molto bella, in cui tanti si saranno identificati, in cui Harper, in treno, in attesa del concerto di Bologna, si fascia e si fa una barba finta, così come insegnato da Harper in alcune puntate precedenti.
E’ molto bella anche la scena in cui Fraser aiuta Harper a liberarsi di quei lunghi capelli “per cui tutti LA amavano”, scena di grande liberazione e complicità.
Sicuramente, però, quel taglio di capelli porta poi alla perdita di questa popolarità, e ad un momento di crisi per il personaggio, di abbandono ed isolamento, che finirà solo nell’ultima puntata, con il bacio tra lui e Fraser.


Chi di noi non ha provato tutto questo?


La storia di Harper, quindi, qualsiasi sia la sua evoluzione, narra tante storie ftm gay, di chi, nell’adolescenza, ha “provato” ad essere la ragazzina più popolare della scuola, con lunghe chiome fascinose, e i quaterback interessati, ma poi ha scoperto di essere altro, di avere interesse per i ragazzi, ma per quelli “diversi”, e di non desiderarli in quanto donna.
Penso che, così come tanti uomini gay si siano identificati in “Chiamami col tuo nome”, stavolta è stato il turno di noi ftm gay, non binary, pansessuali e popolo “queer”.
Grazie, Guadagnino 😀

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3 commenti su “We are who we are, potrebbe essere la storia di un giovane ftm gay/non binary?”

  1. ciao.
    Ciao.
    Non si capisce chi sei/siete…….
    Ma volevo fare un piccolo commento ,a partire dall’inizio del post con una frase da “brivido” :
    “narrava una storia troppo diversa dalla mia”.
    Secondo la logica intrinseca di questa affermazione, nel nostro Movimento GLBT ,dovremmo entrare in empatico interesse solo a dinamiche che ci appartengono “singolarmente”. Io,da maschio gay,non dovrei apprezzare un film lesbico o un’altro a tematica transgender………Il panorama vasto della nostra filmografia GLBT (che spero tu conosca un minimo-specie del passato) spazia a 360 gradi……e può toccare le corde dell’empatia e della solidarietà. Un film può non piacerti,per vari motivi….e ci stà. Ma non si può prenderne le distanze ,solo perchè ” non ci rappresenta”. Il film di Guadagnino è stato un piccolo tassello importante,nella sua serena semplicità ,parlando di una storia d’amore. Che fossero due uomini,è relativo. Ma nel nostro mondo,già limitato per molte cose,dobbiamo fare nostri ,con orgoglio,ogni preziosa testimonianza . L’esaltazione ,manifestata,poi per la serie,solo per tematica specifica può essere giustificata….ma che non rimaga “settarica”

    1. Mi dispiace per il tuo analfabetismo digitale, ma se volevi sapere chi sono/chi siamo, bastava leggere la sezione “l’autore” o consultare la colonna destra del blog.

      Io ho tutto il diritto di dire che la solita storia delle velate anni 70, del signore di mezza età che seduce il minorenne per poi accasarsi con la moglie mi fa cagare. Ho tutto il diritto di dirlo: se ti identifichi in questa storia, cavoli tuoi. Io nel mio blog ho tutto il diritto di dire la mia.

      Se, al posto di entrare a gamba tesa facendo il saputello, avessi letto il blog, avresti trovato molte recensioni di film lesbici, gay maschili, e avresti anche scoperto che IO STESSO sono gay (ma non una velata anni 70 che poi si sposa con una moglie o seduce minorenni).

      Se tu, dal mio articolo, hai capito che “guardo solo film trans”, è perché hai voluto dare forza ad un pregiudizio che già avevi, e non hai capito che non mi era piaciuto QUESTO film, e non TUTTI i film gay o lesbici.

      Di certo so che di quel film non si può parlare male (chiamami col tuo nome) perché è nato un culto attorno al film da parte di gay anziani e di mezza età. Me ne rendo conto.

      Se avessi fatto lo sforzo di leggere la biografia, al posto di chiederti “chi sono”, avresti letto del tanto attivismo che ho fatto su temi gay e lesbici, e che QUESTO SINGOLO FILM non mi era piaciuto. Tutto qui.
      Troppe deduzioni, di cui molte offensive.

  2. Io ero come Catlin, convintissima di non essere esattamente una donna , ma nemmeno un uomo anche se mi piaceva vivere nei panni e nei modi maschili…mi piacevano i maschi , ma quelli che oggi definiscono queer , proprio come Fraser : lui mi sarebbe piaciuto tantissimo… ero confusa sul mio “essere re” ma fino a un certo punto, ma pensavo che i miei fossero solo “gusti “ in fatto di attrazione fisica, verso il tipo non macho… io ero più macho, più spericolata, più maschiaccio dei ragazzi che mi attraevano … mi davo sempre orgogliosamente del femminile, orgogliosa di essere una donna valorosa e fuori dagli stereotipi
    Poi sono cresciuta, oggi ho 47 anni e tre figli che hanno una mamma poco “femminile “ , perché si è quello che si è… mi sono definita sempre orgogliosamente donna a modo mio e eterosessuale .. all’epoca non pensavamo alle etichette etc , vivevano forse più liberamente cercando di fare capire che essere femmina o maschio è tanta tanta roba , non stare in certi stereotipi non significa non essere più femmina , anche se mi vesto da “maschia” e parlo come un trattore, e sembro “maschio “ non lo sono , si può essere in tanti modi eterosessuali e cisgender

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