Passing Woman: le persone non binary e transgender dell’antichità

Intervista a Giovanni Dall’Orto, storico e giornalista gay, sul fenomeno delle persone “passing”, ovvero nate di biologia femminile e che, per vari motivi, che spiegheremo nell’intervista, hanno vissuto vite al maschile. Un’importante campo di studio per le giovani persone di nascita xx e di identità maschile o non binary.

Video dell’intervista

fiorentina cerano passing woman
Fiorentina Cerano
Nel 2010 incontrai Giovanni Dall’Orto per caso alla libreria Pier Pour Hom (Pier Openspace), libreria LGBT sul territorio milanese in quegli anni.
Si avvicinò a me parlandomi di Caterina Vizzani e definendola “passing woman” (il nome che descrive il fenomeno delle persone di biologia femminile, che, nel passato, hanno indossato panni, e identità, al maschile), dicendo che io avrei dovuto interessarmi al fenomeno, in quanto “simile a loro”.
Sentendo “Caterina”, e “woman”, gli dissi che si stava sbagliando e sicuramene non era argomento di mio interesse (in realtà avevo grossolanamente trattato il tema qui).

Sono passati tanti anni e, da uomo xx e non med, penso che, a dispetto del nome che descrive queste persone, facendo leva sulla loro biologia e non sulla loro identità sociale, forse è interessante che un ftm, per trovare “le sue origini storiche e sociali”, si informi su queste persone, le loro vite e le loro identità sociali.

Informato del fatto che Giovanni ha appena finito una ricerca su vecchi ritagli di giornale (ora pubblicata su Wikipink), che raccontano le vicende di queste persone “passing”, ho deciso di intervistarlo sui miei tanti quesiti sul tema.

Ad esempio, è proprio necessario chiamarli “passing women” (donna-uomo in Italia)? Non è il caso di isolare i casi in cui è presente un tema di identità di genere dai casi di lesbismo o in cui la decisione è mossa da ragioni professionali e sociali (l’accesso ad una professione consentita solo agli uomini, fosse anche religiosa o militare)?

 

Le immagini sono tratte dalla galleria di Wikipink

Prima di lasciarvi alla visione del video, vi accenno alcune riflessioni che ho fatto dopo l’intervista e alcuni contenuti dell’intervista stessa.

La prima è che ho letto diverse ricerche sul fenomeno del travestitismo xx, ma erano sempre condotte da donne femministe, donne lesbiche, uomini gay, donne trans: perché gli ftm non fanno un loro percorso di ricerca storica? Forse siamo troppo pochi, e quei pochi che ci siamo non hanno un percorso di studi nella storia? O se ce l’hanno, non sono interessati a questo lavoro lungo, faticoso e “no profit”? Ad ogni modo, finché non ci sarà, attingeremo alle ricerche dei ricercatori esterni, ricerche che non avranno di sicuro il nostro “sguardo” sul fenomeno, ma sono un importante punto di partenza.
passing woman
Vito “Santa” D’Arpa: non mi piacciono nè gli uomini nè le donne, mi piace il lavoro.
Sul fenomeno, pare risalga indistintamente a tutte le epoche, riguardi persone di livelli sociali e culturali vari, e sia maggiormente diffuso, ma non in linea esclusiva, a quelle società in cui non vi era una carta di identità o un passaporto, e in cui quindi la persona “passing” sfruttava un trasferimento per cambiare identità.
A favorire questa possibilità, la presenza degli adolescenti nel mondo del lavoro, che aiutavano una ragazza a “passare” per un giovanissimo ragazzo.
Il fatto che molti di loro fossero scoperti solo in caso di morte, malattia, o problemi con la legge dimostra che vi era una sorta di “connivenza” conscia o inconscia, poiché il binarismo sociale era tale che era più semplice includere la persona “passing” come ragazzo biologicamente maschio ed esteticamente poco virile che per quello che era: era davvero “impensabile” che una donna potesse fare una cosa del genere, fatto che, più che avversione, generava derisione, proprio in quanto impensabile che una donna potesse “osare” tanto.
Violente, però, in alcuni casi, le conseguenze: dalla pubblica derisione alla condanna a morte, soprattutto nei casi in cui al travestitismo si aggiungeva l’indossare “un fallo”.
Alcune testimonianze ci aiutano a distinguere i casi di travestitismo per altri motivi (seguire in guerra l’uomo amato, poter sposare la donna amata), da quelli che contengono una tematica di identità di genere: anche se con strumenti culturali poveri, molte persone passing rivendicano il desiderio di essere riconosciuti come uomini.

Interessante il caso di Giovanni Bordoni, all’anagrafe Caterina Vizzani, il cui modo d’essere era persino sostenuto dall’umile famiglia di provenienza, caso che ci fa capire che forse la varianza di genere dovrebbe essere accolta come una delle tante opzioni, e non “patologizzata”.

Forse questi “nonni” avrebbero bisogno di maggiore attenzione e cura, perché nelle loro vite, nelle loro parole, nella sofferenza che hanno subìto, ma anche nella loro realizzazione dovuta alla possibilità di vivere al maschile, ci sono molti elementi che dovrebbero essere di riflessione per noi che questa condizione la viviamo.