La serie TV “WestWorld – dove tutto è concesso” ha creato uno scenario fantascientifico in cui viziati (e viziate) altoborghesi possono vivere vacanze all’insegna della violenza e del sesso in un parco “Western”, avendo piena libertà, di vita o di morte, di abusi sessuali, sui robot “residenti”, di fatto intelligenti quanto gli umani.
Sembrava una metafora distante, e invece …

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Da tempo mi interrogo sul sessismo della robotica.
Il film di qualche anno fa Ex Machina rappresenta bene questa problematica, dovuta forse al fatto che i principali autori di narrativa e filmografia fantascientifica sono uomini eterosessuali.

Già di qualche mese fa la notizia della creazione di Robot (uomini e donne) estremamente realistici pensati per la sessualità di persone (uomini, donne, etero e non) con disabilità mentale, argomento controverso e non privo di spunti di riflessione.

Di pochi giorni fa, invece, la notizia dell’apertura della prima “casa chiusa” con robot sessuali a Torino. Inizialmente ho postato con solerzia la notizia sulla mia pagina facebook, sperando di potermi velocemente confrontare con altri attivisti LGBT e sul tema dell’antibinarismo dei ruoli di genere.

La prima ad intervenire è stata Marina Terragni, che ha poi repostato la notizia e ha scritto un articolo che, seppur io non condivida la mistica della maternità, nè creda che i comportamenti sessuali dei peggiori uomini eterosessuali siano “nella loro natura” (virgolette che comunque mette la stessa Terragni), contiene interessanti punti di vista (premetto che io e Marina abbiamo visioni molto diverse sul tema transgender, ma non ho problemi a trovare convergenze su temi come questo, e ho visto varie persone LGBT scrivere che questa volta erano d’accordo con lei).

Sia l’uomo, sia la donna, sembrano stati scolpiti e pensati in base al desiderio maschile. La donna ha misure dei seni e delle forme estremamente stereotipate, e anche l’uomo ha un’espressione del viso che ricorda la classica giovane marchetta omosessuale.

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Premetto che il “bordello” dovrebbe essere aperto a uomini e donne, etero e non etero, ma sappiamo benissimo che di fatto il cliente standard dovrebbe essere, tanto per cambiare, un certo tipo di uomo eterosessuale.

Dunque, vi sono due scuole di pensiero, nell’attivismo, riguardo alle sexy robot:
la prima, che considera innato e inevitabile un certo tipo di desiderio maschile etero, incontenibile, violento, senza freni, senza la ricerca del consenso, e quindi considera conveniente che ci sia un modo di sfogarlo su pezzi di plastica, con cui il cliente può fare anche delle pratiche di sadismo spunto, di fetish, e di “dominazione”, anche, come dice l’autrice, con la bambola incinta.

L’altra scuola di pensiero, invece, si concentra sull’immaginario che queste robot, disegnate sui desideri più stereotipati e degradanti, stimolano e incoraggiano, risultando degradanti per la donna, creando un ambiente “circoscritto” in cui le più atroci violenze misogine sono lecite, seppur sulla plastica.
Mi viene in mente la serie di film di fantapolitica denominata “La notte del giudizio (The Purge)” e i suoi vari sequel e prequel, in cui, per una sola notte all’anno sono concessi tutti i crimini, permettendo di tornare, alle luci dell’alba, ad una realtà a bassissimo tasso di criminalità.
Possono essere quindi, le sexy dolls, uno “sfogo“?

La domanda rimane aperta e il confronto coi voi readers è fondamentale.
Come avete accolto la notizia e cosa ne pensate?

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