Riporto con piacere i contenuti della Dott.ssa Ribali, Neuropsichiatra e Psicoterapeuta oltre che CTU del Tribunale di Milano per le tematiche di Identità di Genere, già intervistata da questo blog su tematiche “Teen Gender“.
Psiche e sessualità nelle persone transgender giovani e giovanissime: un approccio medico.
Nella nostra cultura scientifica, allo stato dell’arte di oggi, il binarismo di genere maschio-femmina appare concettualmente da accantonare, per lasciare posto a un approccio gender-fluid più corrispondente alla realtà che tutti noi , che ci confrontiamo da anni con queste tematiche, ritroviamo nella fenomenologia complessa dei nostri Pazienti e forse anche di noi stessi. I termini trans gender e transessuale rispecchiano ancora un certo binarismo, che sarebbe meglio accantonare per essere pronti ad accogliere adeguatamente tutte le infinite sfumature, e le sfide epistemologiche che la realtà di fatto ci presenta oggi.
Per quanto riguarda l’identità di genere, attualmente possiamo usare i termini “disforia di genere “ e “varianza di genere” per denominare due situazioni che hanno in comune una discrepanza fra il genere cui il Soggetto sente di appartenere e il genere cui “dovrebbe” appartenere, secondo i criteri dettati dalle nostre regole sociali, strutturate e stratificate storicamente e culturalmente .
Diverso è il vissuto individuale: disforia indica un malfunzionamento, una sofferenza di cui il Soggetto è portatore, a causa del suo sentire, mentre Gender Variant è il caso in cui tale discrepanza è vissuta individualmente -e sopratutto socialmente– senza evidenti disagi, come una varianza statistica.
Il sesso biologico non è neanch’esso binario. Esistono infinite sindromi complicate, con realtà cromosomiche eterogenee che danno luogo a realtà di vita individuali polimorfe e fluide, che vanno sotto la denominazione generica di Intersessualità: è recente il caso di quella bimba nata xy , con vagina e sindrome di Morris , che all’età di due anni è stata operata da solerti chirurghi che l’hano mutilata dei suoi organi sessuali femminili per ricreare, non so come, un maschietto che avrà sicuramente vita molto, molto difficile…. ma non è questo il nostro tema, anche se i criteri che noi medici siamo chiamati a proporre e seguire sono sostanzialmentente simili. Rispettare lo sviluppo della personalità del bambino, senza costringerlo, con interventi autoritari o peggio con pasticci medico-chirurgici, a osservare le norme che noi adulti gli imponiamo, scegliendo per lui/lei, al suo posto, per soddisfare nostre esigenze, che non sono necessariamente quelle volute dal soggetto che deve crescere nel rispetto di quello che si sente realmente..
Se diamo voce, legittimamente, agli interessati, le persone transgender si definiscono in molti modi, in relazione alle sfumature del loro essere- che spesso è un dinamico divenire. Ciò è molto sentito, specie dai giovani, che non amano- comprensibilmente- essere identificati dalla rigida tassonomia del DSM 4 e anche 5, malgrado i cambiamenti inseriti.Si auto definiscono GENDER FLUID, GENDER PRIUSES, PROTOGAY, PROTOTRANSGENDER, GENDER QUEER, GENDER OREOS e rivendicano l’autodeterminazione, senza il controllo medico o giuridico.
Alcuni nuovi progetti di leggi europee, in parte riconoscono questa realtà, rinunciando a usare i termini binari di uomo e donna, maschi o e femmina, consentendo a ciascuno di vivere secondo il genere che sente proprio, senza specificare. Viene riconosciuta così la realtà. Il genere è uno spettro, una linea con, agli estremi, il maschile e il femminile: nei vari punti ci collochiamo tutti noi. Molti si ritroveranno più vicini a uno degli estremi, altri si collocheranno a metà strada, o in posizioni comunque intermedie. E’ un giochetto che possiamo fare tutti, con i nostri famigliari e amici: i risultati sono molto interessanti e sorprendenti… In Italia invece le proposte di legge restano binarie, c’è tanta strada da fare.
Questa premessa, e questo invito alla fluidità e all’accettazione fenomenologia dell’altro , penso sia necessaria quando ci avviciniamo alle situazioni di adolescenti e di bambini che presentano segnali e comportamenti che vengono vissuti dai caregivers come non corrispondenti a quanto la società si aspetta , per quanto riguarda l’identità di genere. In questi casi, il rischio e l’errore è quello di voler fare una diagnosi, di etichettare il bimbo, di avere fretta di agire. Questi casi ci mettono ansia, perchè i genitori ci trasmettono la loro ansia, ci incalzano, chiedono “soluzioni”
D’altra parte, dobbiamo essere preparati, anzi, preparatissimi nel nostro paradossale non-agire: in questi anni vedremo sempre più casi di giovani e giovanissimi. Tutte le persone transgender che noi trattiamo sono stati bambini. E quasi tutti ci portano anamnesi infantili terribili, di grande sofferenza, costellate di scherni, divieti, percosse, violenze, oppure di repressione, isolamento e solitudine.
Aiutare questi bambini è un dovere sociale, dei medici, della scuola , delle famiglie, della società tutta
Molti bambini possono avere comportamenti particolari, anche molto marcati, che saltano agli occhi di chi si occupa di loro: indossare gli abiti della madre o di una sorella, se sono maschi biologici, o rifiutare le gonne se femmine, dichiarando più o meno esplicitamente di sentirsi a proprio agio in attività o giochi culturalmente impropri, che variano secondo le regole del gruppo sociale di appartenenza.
In alcuni casi, questi comportamenti possono essere molto marcati, e i bimbi stessi possono dichiarare di “essere” di un genere diverso da quello genotipico. Un bimbo da me interrogato ha risposto ”sono un maschiofemmina”. I genitori si allarmano, dapprima cercano di intervenire, spesso di reprimere, specie quando si tratta di un maschietto biologico che si comporta da “femminuccia”. Ma il bimbo continua a volersi vestire e comportare come le sorelline, e il pediatra, il medico curante viene interpellato…poi i bimbi vanno dallo psicologo accompagnati da genitori ansiosi e preoccupati.
Rispetto a un caso che ho visto io di recente, in cui un maschietto è stato portato da un prete esorcista per scacciare da lui il demonio dell’effeminatezza e dell’omosessualità, è comunque un bel passo avanti… bypassare l’esorcista e approdare pertempo dal medico o dallo psicologo.
Ma solo il 10- 15% circa di questi bimbi (Kohen-Kettenis, 2001-2008) proseguirà su questo percorso nell’adolescenza: la grande maggioranza spontaneamente ritroverà la corrispondenza dei comportamenti con il sesso biologico, senza coercizioni evidenti . Al più, potrà manifestare con maggiore frequenza orientamenti bisessuali o omosessuali nella scelta dei partners. Persisters e desisters.
La statistica , quindi, è nostra alleata, quando dovremo raccomandare ai genitori un atteggiamento di comprensione, massimo supporto ed attesa. Alcuni genitori faranno richieste forti: ma non c’è una cura ormonale o una psicoterapia per “raddrizzare” questo bambino? In questi casi, tutti gli orientamenti attuali suggeriscono una presa in carico dei genitori: starà al medico, e spesso all’endocrinologo, rassicurare la famiglia, tenendo d’occhio però il bambino e monitorandolo perché non finisca fra le grinfie di ciarlatani o di incompetenti… Costruire un ambiente sereno ed accettante è possibile, a volte, con risultati di grande armonia fra figli e genitori. I ragazzi transgender , che persistono nel loro orientamento fino all’età adulta, in questi casi possono non manifestare sintomatologie disforiche, sono Gender variant sereni e senza tratti di sofferenza e di mismatching sociale, Ci vogliono però genitori forti abbastanza da plasmare la società intorno ai loro figli, con l’aiuto di scuola ed istituzioni preparate.
Non sta a noi cambiare la società , ma possiamo dare il nostro contributo, informando autorevolmente.
Man mano che ci si avvicina all’adolescenza, se avremo monitorato il bambino saremo già più in grado di valutare se il suo sentirsi genderfluid si arresterà o se procederà su un percorso di varianza o disforia di genere. Non ne potremo avere la certezza, e pertanto si potrà fare una riflessione sull’opportunità di guadagnare tempo, trattandolo con una terapia ormonale di sospensione della pubertà.
Ci sono i pro e i contro: una dilazione delle decisioni maggiori può essere utile, per aspettare cosa succederà nella psiche del ragazzino/a dopo i 12-13 anni, consentendogli nel frattempo la massima libertà di esprimersi, di proseguire ma anche di tornare indietro. In questo periodo il supporto medico-psicologico va effettuato con cura e regolarità. Secondo alcuni ricercatori, però, il sottoporre un ragazzino a tale trattamento di blocco puberale potrebbe in qualche modo condizionarlo a proseguire anche un trattamento ormonale femminilizzante o mascolinizzante, come se ci fosse un binario già tracciato.
C’è da proseguire caso per caso, in stretta collaborazione con i genitori, che cercheranno anche loro di rispettare quanto più possibile lo sviluppo psicologico profondo e sincero del figlio/a.
( L’eccesso di medicalizzazione e di ricorso alla chirurgia potrebbe essere ridotto, come sostiene Zucker, da un lavoro psicologico preparatorio che consiste nel favorire la consapevolezza che vi sono molti modi di essere donna o uomo.)
Nell’adolescenza, psicologicamente, c’è il rischio di alimentare l’insorgenza di un falso sé, compiacente ai dettami sociali e alle aspettative famigliari, e repressivo delle istanze profonde della persona. (Diane Ehrensaft, California, da Winnicott). Per un ragazzo FtoM il menarca può essere un trauma grave, così come per una MtoF lo sviluppo erezione-eiaculazione. Possono provocare angoscia, crisi di panico, depressione, idee suicide e magari innescare formazioni reattive….anche gravi. Adolescenti con forti istanze femminili che si arruolano nell’esercito come paracadutisti, o che si fanno crescere la barba, mimando comportamenti da macho fascista per ingannare famigliari, società e sé stessi…. ragazzine biologiche che si sentono ragazzi, e che si forzano ad avere esperienze di sesso con amici maschi, chiudendo gli occhi, facendosi quasi stuprare immaginandosi di essere lei stessa l’uomo che le penetra…
Il soggetto potrà trovare nella scuola nuove sfide, e dovrà affrontare, se non protetto, episodi di scherno o bullismo, quando non di aggressioni vere e proprie, anche gravi a sfondo sessuale.
Una transizione potrebbe essere decisa e attuata precocemente: anche qui, con pro e contro.
Il rispetto della persona e delle sue istanze è fondamentale. Un adolescente transgender che si presenta nel gruppo già transizionato avrà ovviamente meno difficoltà . Di primo acchito, sembrerebbe l’opzione migliore. Ma in questo caso la terapia ormonale diventa una scelta totalizzante, che non dà spazio a quei casi di rientro nel genere coincidente col sesso biologico durante l’adolescenza. Invece, spesso l’inizio del trattamento coincide con un miglioramento dell’umore … e con migliori risultati a scuola! La Disforia può anche non verificarsi.
In altre parole: il trattamento ormonale nell’adolescente è auspicabile sul piano biologico, perché permette modificazioni somatiche coerenti con il sesso prescelto, ma deve essere instaurato con tutte le garanzie e gli approfondimenti del caso, e anche con dei feedbacks continui nella vita reale. Il tema del Consenso Informato va approfondito
L’adolescenza è un periodo molto delicato, in cui ,ad esempio, il rischio suicidario è alto, e così i percorsi di iniziazione alla droga e all’alcool. Possono comparire disturbi alimentari, anoressie e bulimie per cercare di modificare una corporeità che si vive come nemica ed estranea. Se un adolescente non è seguito adeguatamente, può essere a forte rischio: droga e alcool permettono di alterare la propria realtà, liberando i propri lati repressi e procurando poi ulteriori complicazioni, di carattere medico ed esistenziale, a volte senza uscita.
L’altro gravissimo rischio è l’abbandono scolastico, grave , secondo me, quanto e più di una psicopatologia…ha conseguenze devastanti per le scelte di vita di un giovane, che può trovarsi precluso un dignitoso inserimento nella vita e costretto a percorrere strade anche irregolari.
A questo proposito, citerei quei casi che tutti conosciamo, di prostitute nate in favelas indotte fin da piccole a seguire trattamenti ormonali femminilizzanti ad opera di sfruttatori senza scrupoli, che femminilizzano maschietti graziosi, rapiti o venduti dalle famiglie, e che poi ci troviamo davanti gonfiate di silicone e protesi di ogni genere, senza mai essere state viste da un medico, senza un titolo di studio, che non sanno fare altro che le escort. Storie drammatiche, senza un’infanzia, bambine vittime di una violenza subdola ed efferata che dobbiamo comunque ,da adulte, trattare e controllare medicamente al meglio…. indagare più di tanto non avrebbe senso, per queste ragazzine è andata così.
Le leggi europee tutelano i minorenni, stabilendo che per i percorsi di transizione sostenuti da trattamento ormonale occorre il consenso di entrambi i genitori, e così pure per i trattamenti di ritardo della pubertà. I protocolli (De Vries, Univ.Amsterdam, Dutch protocol 2007 fino ad oggi, wpath 2011) prevedono la presa in carico dei genitori, e supporti pratici nelle scuole, con la possibilità di interpellare bambini e adolescenti con nomi adeguati alla loro scelta di genere e riconoscendoli come tali nel gruppo dei pari. Con grande rispetto e cautela: molti bambini rientrano spontaneamente all’interno del percorso proprio del loro sesso biologico, e quindi è necessario un atteggiamento altrettanto “fluido”, lieve e accettante nel loro ambiente.
E’ la società che dovrebbe adeguarsi, e non i bambini e i ragazzi, che hanno tutti i diritti di svilupparsi e di fare le loro scelte libere, e al momento opportuno.
Quindi, nell’infanzia attendere e monitorare famiglia e scuola; per chi appare istradato su un percorso transgender, si prenderà in considerazione un trattamento di ritardo della pubertà, per poi , una volta ben chiarita la serietà della scelta del Soggetto, instaurare solo allora un supporto ormonale ed eventualmente chirurgico, per rendere il corpo armonico ed accettabile.
Oggi diversi Soggetti rifiutano la medicalizzazione del loro percorso: ragazzi transgender che mantengono il loro corpo femminile ma cambiano identità anagrafica, magari accontentandosi di una plastica al seno, o neanche. Ragazze transgender che affrontano la vita conservando il loro corpo e i loro organi genitali mascolini, ma che si sentono e vivono come donne, e non vogliono essere operate né trattate con ormoni . Noi medici siamo loro alleati, in un percorso di ragionevole e ragionata libertà, di un nuovo modo di vivere il proprio genere: e discutendo insieme, come stiamo facendo qui, questi diversi e nuovi punti di vista ci prepariamo a queste nuove sfide che il domani ci propone.
Dr. Roberta Ribali- Neuropsichiatra e Psicoterapeuta-
CTU del Tribunale di Milano per le tematiche di Identità di Genere
Scusate ma credo sia meglio fare un passo indietro nel parlare di questi argomenti se non si hanno i termini corretti e, soprattutto, con questo approccio.