test-festa-della-donna-2015

So che questa riflessione non piacerà alle mie lettrici, che sono molto lontane dalla donna media, quella che vedo ogni giorno in ufficio, e che non sa cosa sia il binarismo, la laicità, l’eterosessismo, l’eteronormatività e compagnia bella.

Ogni giorno, in ufficio, vedo un pellegrinaggio di ragazza in fila come stessero per fare la comunione presso la più esperta e comprensiva.
Il tema è sempre lo stesso: darla, non darla, uomini che non si vogliono impegnare.

Tutto questo mi ricorda la rubrica di cui sentii parlare dall’amica Valeria Rosini di Uaar, sessantottina emancipata che mi raccontava della rubrica di Donna Letizia, dove, sulla rivista Grazia, Letizia Almirante rispondeva a ragazze nubili e illibate che dovevano capire cosa rispondere alla richiesta della “prova d’amore” del baldo fidanzato.
Fiumi di risposte di ragazze che, per averla data (la prova d’amore), erano rimaste zitelle nel migliore dei casi e ragazze madri nel peggiore.

Ai tempi molte ragazze non “la davano” non tanto per convinzioni religiose, ma per tenersi cara un’arma di scambio per fare impegnare l’uomo, il quale si consolava nel frattempo coi bordelli e coi favori di qualche femminiello, a cui continuava a dichiararsi etero chiarendo che “è solo perchè sono intruppato!” (cit. Franco Buffoni)

Poi c’è stata la liberazione sessuale, che non fa rima, purtroppo, con emancipazione femminile, se non per una serie di donne elitarie colte e per cui emancipazione significa qualcos’altro oltre l’uso del corpo.
E così, dopo l’emancipazione sessuale, una donna che fa sesso prima del matrimonio ha smesso di essere, per la pubblica morale, una botthana.

Il vero problema è che, come dimostrano le mie colleghe, l’emancipazione non è solo qualcosa di fisico, ma soprattutto di mentale.
Se rimane ancora, in pratica e per molte, vero il detto “lei dà sesso in cambio d’amore, lui dà amore in cambio di sesso“, a prescindere dallo sdoganamento della perdita della verginità prematrimoniale, il binarismo culturale continua a influenzare gli animi  di uomini e donne di livello culturale basso e medio-basso.

E questo tipo di donna, in verità molto più diffuso di quanto si pensi, non si è emancipata grazie al sesso libero, ma è addirittura meno emancipata, in quanto ha semplicemente reso più facile la vita all’uomo, che ora non ha più bisogno di pagare le sex workers o pretendere prove d’amore per avere sesso facile, rimandando a chissà quando non un matrimonio, ma addirittura un semplice blando legame informale (definirsi impegnato), che non è affatto convinto di dare.

E così prosegue la fiera delle povere fanciulle in attesa che il “lazzarone” metta la testa a posto e si impegni.
Sicuramente i miei lettori racconteranno casi di uomini gay che sospirano perché lui non si vuole impegnare, di donne lesbiche che fanno lo stesso con la loro scopamica, o addirittura di uomini etero in lacrime perché una play girl si diverte con loro senza volersi accasare, e io credo che tutto ciò esista, ma saremmo tutti molto ipocriti a dire che la casistica più diffusa non sia ancora quella della donna in attesa che lui si impegni.
Sarebbe come non ammettere che le ragazze madri siano molte di più dei ragazzi padri, o come dire che sono di più i padri che, dopo il divorzio, chiedono la custodia dei figli.
L’unica precisazione da fare è che queste differenze non sono innate ma, naturalmente, dovute a una cultura ed un’educazione binaria che ha voluto che della donna si emancipasse solo il corpo e non la mente.