Transmedicalisti e truscum: significato e criticità
Qualche giorno fa ho casualmente scoperto che in un gruppo facebook si parlava di me e della legittimità o meno del mio percorso. Io non ero in quel gruppo, perché non frequento, a parte il mio, gruppi a tematica transgender.
A mandare in crisi queste persone è il fatto che io non prendo ormoni virilizzanti e probabilmente non li prenderò mai, e quindi stavano decidendo se è il caso di escludermi dalla comunità LGBT o tenermi come “frociara servitrice” dei veri trans.
Addirittura si parla anche di un mio presunto comportamento “capriccioso” nell’intendo di “spacciarmi” per transgender senza esserlo (evidentemente per i numerosissimi “vantaggi” che comporta essere transgender gay al posto di donna eterosessuale).
Nella discussione mi si chiamava con una femminilizzazione del nome Nathan e si diceva che io ero la “presidentessa” del Milk, e nessun trans (ftm o mtf) appartenente a quel gruppo si scandalizzava del fatto che ci si stava rivolgendo col genere femminile a un ragazzo T attivista da più di un lustro.
Per molte persone trans medicalizzate è pacifico poter appioppare il genere grammaticale relativo al sesso “di nascita” alle persone non in ormoni. E nessuno batte ciglio.
Quando, a causa di alcuni “amici” che mi hanno riempito di screenshot, ho deciso di intervenire, sono stato bannato, e si è continuato a parlare del mio “capriccio” di essere riconosciuto al maschile, con alcune citazioni del mio blog (del post “la suocera“) in cui dichiaravano che non fosse vero che “passo” (che poi nel blog parlo di molti aneddoti in cui NON passo) e soprattutto che non credevano che una serie di persone e di ambienti, avendomi conosciuto come ragazzo T, avessero deciso di assecondare la mia richiesta e rivolgersi a me col genere maschile.
Ora, onestamente, sono presidente di un’associazione frequentata da molti transgender agli inizi (o non in percorso medicalizzato), che non “passano” e a cui comunque tutti ci rivolgiamo tramite il genere d’elezione.
Se arrivassero in associazione persone che, volutamente, con cattiveria appioppano il genere relativo al sesso di nascita a una persona non in ormoni o che “non passa”, sarebbe subito ripresa e , se perseverasse, allontanata, perché nociva al micro-ambiente che stiamo cercando di creare , di benessere e di rispetto reciproco, inclusività e non giudizio.
Di conseguenza, dirò una cosa che disturberà molti, ovvero che “non si deve essere tolleranti con gli intolleranti“, che neanche un “diverso” ha diritto di porre limiti e confini che delimitano l’accettabilità (dove il diverso colloca ancora ancora se stesso) dalla non accettabilità (in cui di solito colloca i più diversi di lui).
Che quindi si faccia un gran respiro e si dimentichino le ferite personali per un grande abbraccio verso l’altro.
Ma cosa significa transgender? Essere in bilico tra due sessi se non sbaglio. A meno che non gli si dia un’altra definizione. Quindi per una persona transgender può anche essere ininfluente il modo in cui viene appellata. Che è comunque conseguente all’immagine che una persona vede. E’ difficile per una persona estranea appellare un transgender (alludo a una donna che vuole essere considerata uomo) al maschile se ha caratteristiche femminili ben evidenti. Gli ormoni aiuterebbero a far si che ciò non avvenga. Anche la chirurgia (che sicuramente, aborrando gli ormoni, non si prende neanche in considerazione) aiuterebbe. Ma ora arriviamo alla questione. Quando ti guardi allo specchio, ONESTAMENTE, tu vedi un uomo? Perché il problema forse, è tutto qui.
confondi transgender con twospirits.
inoltre esiste anche chi fa la mastectomia e non prende ormoni.
cmq un ftm non è una “donna che vuole essere considerata uomo” ma “un uomo in un corpo xx”
infine, riconduci l ‘identità al passing. tutto diviene molto superficiale.
p. s. salutami jacopo 🙂