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L’ignoranza colpisce tutti: discriminazioni interne al mondo transgender

L'ignoranza colpisce tutti: discriminazioni interne al mondo transgender

Non frequento il mondo transessuale, anche perché tecnicamente non ne faccio parte.
Frequento il mondo dell’attivismo GLBT, dove persone bisessuali, o gay e lesbiche illuminate, o queer, mi aiutano a portare avanti progetti inclusivi che non dimentichino nessuna discriminazione, e spesso ho dovuto lottare contro alcuni pregiudizi, come il fatto che l’identità di genere è una realtà di serie b rispetto all’orientamento sessuale…probabilmente perché le persone T sono di meno, perché non fanno attivismo, perché sono velati, perché spariscono dopo la transizione…
Ma in questo post voglio parlare delle discriminazioni che persone “sedicenti” trans hanno su altre persone trans.

“Tu non transizioni, stai bene col tuo corpo, tu non sei come noi, tu sei un intruso/a (coniugato col sesso biologico)”.
Alcune persone supponenti (nel senso che suppongono) o meglio presuntuose (nel senso che presumono), attaccano persone che hanno fatto una scelta di vita relativa alla propria “disforia di genere”, diversa dalla loro, e la loro insicurezza fa si che si sentano essi stessi insicuri della loro stessa scelta e parte il disprezzo. Chi non transiziona sta sicuramente bene, perché se io sto male e transiziono e lui non transiziona, vuol dire necessariamente che lui stia bene, altrimenti vuol dire che la mia scelta non sarebbe stata l’unica possibile, potrei aver sbagliato…
Inoltre lui è un intruso/a. Perchè io il maschile/femminile me lo sto sudando, lui/lei se ne deve andare da quest forum…

“Ma che transizioni a fare, tanto la transizione è una farsa, ti rende maschio/femmina solo apparentemente, non saremo mai maschi/femmine, che senso ha transizionare, state sprecando tempo, tanto vale rimanere cosi, non saremo mai xy…”
Questa è la posizione del/della giovane transgender che o per paura di esporsi socialmente si dà questa risposta (scientificamente fondata) per accettare meglio la sua realtà di invisibilità sociale (capisce che imbarcarsi in una transizione significherebbe fare coming out con tutti, vedere il corpo cambiare, avere problemi col mondo del lavoro, con la famiglia, non sapere più come rapportarsi a un/una partner…) oppure effettivamente anche se la volontà di esporci c’è, si è veramente molto scettici sui risultati, e ci si mette in una posizione di “attesa” di miglioramenti scientifici, o di cambio delle leggi che dia più spazio di identità sociale a chi non transiziona…e questi due tipi di persone non è detto che “non abbiano disagio col corpo” ma semplicemente in questa fase della loro vita riescono a vivere un equilibrio senza fare una transizione che non li renderebbe felici o magari sentirebbero come qualcosa di irrisolto e incompleto e in questo momento preferiscono rimanere come sono (in alcuni casi esponendosi socialmente, in altri casi esponendosi socialmente solo in alcuni ambienti, in altri vivendo totalmente da velati/e).
Il vero problema è che ciò che rende felici o sarebbe più preciso dire “meno infelici” loro, non è la soluzione migliore per tutti.  Evidentemente c’è un tipo di disagio “diverso”, oppure la scelta di un compromesso diverso come “minore dei mali”. Ma la solita insicurezza citata sopra fa si che si crei un grande alibi che metta se stessi in condizione dei “privilegiati che hanno capito tutto” e si crei un disprezzo per chi ha scelto altro.

“Tu non sei veramente disforico/a, perchè usi l’organo genitale maschile/femminile”
Questa è una critica che la persona trans che vanta di avere la “disforia totale” fa a chi, prendendola con filosofia, riesce in qualche modo a coinvolgere l’organo che gli dà piacere biologico nella sua vita erotica, spesso in modo molto combattuto, spesso solo con persone che capiscono e sanno come rapportarsi…ma nel confronto con altre persone t parte l’incomprensione e la critica.
Ci sono, come detto sopra, tanti tipi di disagio. A volte si creano giochi di intesa con un partner che possano fare si che un organo sia usato come se fosse altro, ma è ovvio che non tutte le persone t sono disposte a fare queste cose, e qualcuno ha problemi col contatto fisico in generale, immaginate col l’uso in un pene o una vagina che non vorrebbe avere. Alcuni ftm invece non capiscono come un ftm possa sentire voglia di fare il passivo anale, che tra l’altro non coinvolge neanche “parti femminili” ed è una cosa che uomini biologici (sia gay che etero) a volte fanno.
La gara a chi è più trans ancora una volta non porta a niente e rappresenta solo una perdita di tempo e un tentativo di legittimare la propria disforia agli occhi di altri simili, ma non uguali

“tu non sei veramente disforico, perchè se nato uomo e sei una translesbica/sei nata donna e sei un ftm gay”.
Nello stereotipo del machismo l’ftm deve essere un uomo virile, e l’uomo virile è etero. Quindi l’ftm gay viene visto male in alcuni ambienti. La solita confusione tra orientamento sessuale e identità di genere fa si che si dica “ma se ti piacevano gli uomini, perchè non rimanevi donna?”…in questo blog però si sono sprecate troppe parole su quanto le due cose siano indipendenti, quindi non mi dilungherò.
Un altro handicap è che, anche se ci sono psicologi e psichiatri illuminati, in teoria il protocollo ONIG considera i trans etero, quindi a volte i transgay devono rivolgersi alle “trans narratives” per descriversi come aderenti totalmente allo stereotipo dell’uomo macho e della donna “angelo della casa”.
Il vero problema è che anche i trans/le trans spesso si stupiscono di questa cosa, soprattutto se si sono ancora confrontati poco con altre persone trans.

“Dici di sentirti sia uomo che donna (o nessuno delle due, o un terzo genere)..tu non sei come noi, sei un pagliaccio esibizionista”.
Una “disforia” può essere anche non identificarsi totalmente col proprio genere. Ma spesso il mondo trans vede questo disagio come “meno grave”, quindi trascurabile. Non ci sono precise istanze per queste persone (genderqueer), se non il diritto a un nome neutro o scelto dalla persona, o ad andare in giro con un aspetto consono al proprio sentire…ma una disforia comunque c’è, anche se la persona stessa spesso non sa come viverla.
Spesso queste persone sono sottovalutate rispetto alle altre persone t. Non viene capito, ad esempio, la loro ricerca di un’equilibrio ottenuto tramite una transizione parziale o un lavoro sull’estetica che non riguardi una transizione medica.

“Il tuo ruolo di genere non è definito nel tuo genere d’elezione. La tua anima non è azzurrra/rosa come tu credi, perchè hai movenze/comportamenti/reazioni ancora legata al tuo sesso di nascita. Si vede che non sei veramente trans…forse vorresti esserlo. Io invece….”
Spesso si dimentica che una persona t ha vissuto anni e anni in un genere acquisendone comportamenti, reazioni, movenze, legate agli stereotipi binari della nostra società.
Qualcuno si è ribellato ad essi quando era molto giovane, quindi non li ha “introiettati”. Altri invece hanno continuato ad usarli come scudo per non sentirsi diverso/a dalla “normalità”.

“Io passo, nessuno su una metropolitana direbbe che sono nato xx/xy, quella persona invece…beh…è imbarazzante…”
Spesso chi passa (sia nel mondo ftm che nel mondo mtf) ne va un vanto, un orgoglio, un motivo di distinzione con gli altri t più “sfigati”, un “contentino” a non essere nato/a biologico/a.
A volte in alcuni gruppi di aiuto aiuto, nel post, ho sentito frasi allucinanti. Del tipo “ci siamo conosciuti/e su internet, e dalle foto passava…poi però all’incontro sembrava una normalissima donna/uomo. Non ha proprio il fisico. Verrà malissimo.

“Io mi sono operato/a, ormai sono come i biologici, questi qui invece vogliono i diritti tenendosi quella cosa tra le gambe…ma con che diritto?”
Questa è una discriminazione interna invece tra persone già in transizione e persone che l’hanno finita.
“io finendo sotto i ferri ho sudato il mio diritto al maschile/al femminile”. “io non sono più trans, ormai sono maschio/femmina per la legge”.

“io sono nella lista ftm/mft, ma nessuno deve saperlo, perchè nella mia vita tutti pensano che sia una persona cisgender, quindi non aggiungermi su fb, grazie”.
Queste sono le persone velate spesso prendono le distanze da chi è più visibile perchè non vogliono assolutamente che qualcuno possa pensare che esse siano trans o legate al mondo trans. A volte si tratta di persone legate già ad ambienti omosessuali, ma “solo” a quelli.
La cosa triste è che si tratta di una discriminazione interiorizzata.

“non facciamoci vedere insieme…potrebbero pensare che ero trans come te”. “non posso avere amici trans su fb, mi collegherebbero a voi”:
Questi sono i trans velati (soprattutto ftm) che rinnegano il tutto volendo essere identificati coi biologici. Qualsiasi cosa che potrebbe connetterli al loro passato li turba e mettono muri e barriere, non risultando diversi da chi è velato prima, solo che loro sono velati dopo, quando “passano” o quando hanno già cambiato i documenti.
Per ora è tutto.
Nath

2 commenti su “L’ignoranza colpisce tutti: discriminazioni interne al mondo transgender”

  1. Descrizione molto interessante. È un mondo che non sapevo avesse tutte queste sfacettature. Però, in qualche modo, leggendo la descrizione, mi sembra quasi scontato che sia così. Le ragioni di questo comportamento possono essere tante (e ne hai elencate diverse molto convincenti). Però in parte ci vedo anche un pattern che ho visto altrove: il tentativo di alcuni di costruire un modello del mondo su misura in base alla propria esperienza personale e in cui, volutamente, non trovino posto tutti quanti. Perché è rassicurante avere un modello di ciò che è giusto/normale/legittimo e vedere che si rientra nel modello, che si hanno le carte in regola. Probabilmente anche il fatto che qualcuno, invece, in quel modello non ci rientri, è quasi necessario per alcuni, perché da la sensazione essere “meglio di… qualcuno”, ed è sempre bello sentirsi tra i migliori, in serie A – però, per questo, devi per forza cacciare qualcuno in serie B.

    Non è un comportamento specifico della comunità LGBTQ. Semplicemente trova applicazione ANCHE in questo contesto, ma penso sia un comportamento istintivo abbastanza diffuso nella specie umana e su di esso alcune religioni hanno costruito la loro fortuna (possono esistere i santi solo se esistono anche i peccatori…)

  2. Invero la lista potrebbe essere anche un po’ più lunga :). Io concordo in larga massima con quello che scrivi, anche perchè facendo parte di una ristretta minoranza – sono translesbica – mi sento un po’ “vittima” di queste situazioni.
    Devo però dire che il problema non è così semplice da affrontare, se io stessa ci ho messo un bel po’ a ‘comprendermi’ ed a capire di non essere solo un ‘lusus naturae’.
    Quello che incide molto, a mio parere, è il fenomeno della transfobia interiorizzata: vivendo in un ambiente che è intriso di ostilità verso le persone T*, ci si finisce inconsciamente con l’adeguarsi. Cosa che farebbe comprendere perchè noi in Italia lo viviamo sicuramente in maniera più forte che in altre nazioni, anche nell’ambito delle varie sfaccettature dell’universo LGBTQ.
    Ciò nonostante la cosa continua a meravigliarmi. In definitiva siamo tutti sulla stessa barca e mi sembra alquanto strano chiedere da un verso di essere accettati per quello che si è, e dall’altro fare distinguo e mettere i puntini sulle ‘i’.
    Se si remasse tutti nella stessa direzione i risultati potrebbero essere molto differenti.

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