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Riti di passaggio della società etero, emancipazione, adultità

trieste11

Recentemente mi sono reso conto di quanto la comunità LGBT differisca, almeno nella realtà metropolitana, dal lifestyle eterosessuale, partendo dal discorso macchina-patente.

Ad esempio mi confronto con altri presidenti, di associazioni di diversa natura, e loro hanno meno problemi nel dover scegliere una sede accessibile dai mezzi pubblici, perchè, banalmente, gli etero adulti hanno l’automobile.
E’ una semplice questione pratica. Un single, o una coppia, può muoversi coi mezzi, o magari sulle due ruote, ma una famiglia no. Passeggini, seggiolini, automobili diventano necessari quando si hanno dei bambini, e , in una progettualità etero, il ragazzo eterosessuale ha già da diciottenne la sua bella patente, che invece non è così diffusa, statisticamente, presso gli attivisti LGBT.

Un’altra riflessione potrei farla sul fatto che ad aiutarmi per il trasloco (ovviamente serve un’automobile) non sono gli attivisti LGBT che mi conoscono da decenni, ma gli eterosessuali (che mi conoscono molto meno, tramite passioni comuni), gli LGBT “velati” (si pensi a tutto il mondo del crossdressing), o gli LGBT che si sono scoperti tardi (quindi sono incappati nei “riti di passaggio”, cresima, matrimonio, figli).

Cosa c’entrano i riti di passaggio con l’avere una casa, una macchina, una patente?
C’entrano perchè un rito sociale di passaggio determina un cambiamento forte, anche nell’estetica.
Una moglie non è più una signorina, una madre non è più una ragazza, un marito non è più un ragazzo, e un padre men che meno. Così una persona sposata o con figli “deve dimostrare” qualcosa alla società, deve rispettare delle aspettative sociali, che partono dall’estetica (vestirsi in un altro modo), e finiscono col raggiungere degli step, per prendersi adeguatamente cura del partner o dei figli. Quindi una casa confortevole, un lavoro rispettabile, un’automobile.
E’ come alcune persone LGBT, libere da queste aspettative sociali (di genere e non), da un lato si emancipassero, ma dall’altro, prive di queste aspettative sociali che pretendono da loro adultità, rimanessero sempre nello status (dal vestiario al mezzi di trasporto che usa, dal lavoro al tipo di abitazione condivisa con coinquilini) di studente in erasmus.

Credo che tutto ciò (che ovviamente è limitato alle statistiche relative alla mia esperienza, non sono un antropologo, nè scrivo con metodo scientifico), non sia dovuto tanto all’essere, di fatto, LGBT, ma all’identità LGBT (politica), che porta gli LGBT attivisti a rifiutare, o magari rimanere tagliati fuori, dagli stilemi eterosessuali e i loro step stereotipati. Oltre a rifiutare gli stereotipi relativi all’eteronormatività, vengono rifiutate in pratica tutte le regole “non scritte” dettate dalla società, compresi i lavori tradizionali e le loro regole, la famiglia e le sue convenzioni, le limitazioni del matrimonio, la scala di valori convenzionalmente accettata.

A tutto ciò si aggiunge il fatto che una persona LGBT deve combattere l’omofobia interiorizzata e quella della società, che spesso non ha il supporto della famiglia d’origine, e che non ha particolari aspettative sul suo futuro, non ha una precisa idea della sua vita da adulta o da anziana, ad esempio, né ha particolari aspettative sulla sua vita di coppia ed eventuali figli, non essendo supportata da leggi che la parifichino agli “straight”.

Mi è però capitato di vedere delle persone LGBT non legate all’attivismo, all’antibinarismo, alla rivendicazione politica, e al “sinistrismo”, che hanno inseguito comunque questi “riti di passaggio”, nonostante le leggi ostili. Hanno impiegato energie nella carriera, nella casa propria e del proprio compagno, e alcuni di questi in progetti di genitorialità.

Ovviamente non erano “ideologizzati” in visioni anarcoqueer, che aggiungono al rifiuto del binarismo il rifiuto delle “regole del gioco sociali, ma oltre a questo non hanno impiegato nel tempo nell’attivismo e nella rivendicazione dei diritti, tempo che hanno impiegato a coltivare sè stessi, la propria vita.

A quel punto non so quale persona transgender sia politicamente più efficace. Se quella che ha dedicato la vita a fare attivismo o se quella che ha dedicato la sua vita a coltivare sè stessa, ad integrarsi nella società, ad avere un bel lavoro e una relazione stabile, diventando un esempio per le altre persone transgender e anche per coloro che, essendo cisgender, avendo conosciuto quella persona avranno un’idea ottima delle potenzialità di una persona T, al netto delle avversità.

Ad ogni modo sono un po’ perplesso dal ricevere aiuto da amici eterosessuali, con cui non condivido le mie battaglie antibinarie (alcuni di loro le considerano futili), oppure persone crossdresser o gay velate che ho magari disprezzato per la loro comoda vita on/off, ma che a causa di questo on/off sono riuscite ad affermarsi, ed avere una stabilità tale da poter aiutare (coi fatti, e non con la politica) una persona come me in un momento di difficoltà logistica.

In poche parole, il mondo “picaresco” dei militanti, che molto investe sulla causa ma poco sullo sviluppo personale delle singole persone, non è una forte rete di mutuoaiuto, e reti come CL ed OpusDei (di cui possiamo contestare le ideologie sessiste e transfobiche) funzionano molto meglio.

Qualcuno potrà pensare che sono discriminatorio, perché nella mia scala dei valori l’essere integrati, la carriera, la famiglia, la coppia, hanno una posizione alta. Non parlo di lusso e di vanagloria, ma di stabilità e benessere.
Per me l’indipendenza, l’autonomia, sono condizioni da ricercare, per cui l’attivismo dovrebbe passare in secondo piano, finché non si è ottenuta l’emancipazione personale.
Non dimentichiamo che però a scrivere questo articolo è un LGBT borghese, e non “anarcoqueer“, quindi molti di voi potrebbero non condividere questa critica.

7 commenti su “Riti di passaggio della società etero, emancipazione, adultità”

  1. a me le visioni “anarcoqueer” o iper-militanti che disprezzano tutto ciò che è considerato “borghese”o “norma sociale” o “stereotipo”e che politicizzano e ideologizzano ogni aspetto della vita privata o del look non mi hanno mai convinto.è una forma di rigidità estremistica speculare a quella che si vorrebbe contestare e a me l’estremismo non piace
    Voglio dire: non vuoi la macchina? Non vuoi una relazione stabile? Ok ma questo non fa delle altre persone un manipolo di pecore incapaci di decidere per sè.
    comunque un uomo o una donna che forma una famiglia e se ne occupa può pure farlo perchè li ama, non è tutto per forza “stereotipo” e “aspettativa sociale”
    E di solito a cinquant”anni non ci si veste più come a sedici perchè banalmente si cresce. Detto questo, niente, tranne il senso del ridicolo, impedisce a un cinquantenne di andare in discoteca o vestirsi come un quindicenne..ognuno ha il suo senso del ridicolo

    io la patente a trent’anni non ce l’ho, sono un etero atipico anche in questo.
    quanto all’aiuto per traslocare, lo accetti da chi può e vuole dartelo, se non è un attivista o non condivide certe tue battaglie pazienza.
    Sarò borghese anch’io ma considero politicamente più efficace la persona transgender “integrata” (anche se è brutto giudicare le persone e le loro scelte personali in base alla loro presunta “efficacia politica”). L’ideale sarebbe che integrazione e attivismo lgbt (per chi vuole farlo) non si escludano a vicenda
    Aggiungo che vedo profilarsi il dilemma che attanaglia ogni movimento di emancipazione (non solo lgbt): integrazione nella società o rifiuto totale di essa? Martin Luther King o Malcolm X? in ambito pop: professor Xavier o Magneto? Personalmente le mie simpatie vanno a Luther King e al professor X che a Luther King tra l’altro è ispirato ma è inevitabile che le due anime dei movimenti di emancipazione finiscano per separarsi: possono avere delle battaglie comuni contro i medesimi nemici ma i loro obiettivi sono differenti se non opposti.

    1. non è tutto per forza “stereotipo” e “aspettativa sociale”
      vale anche per il lavoro e più in generale, ovviamente

  2. 1) Guido pochissimo, perché sono negata, ma ho sputato l’anima per arrivare a prendere la patente;
    2) Non vedo perché mai ci si debba “imborghesire” nell’aspetto fisico e nelle abitudini solo in nome di una pretesa adultità. Essere adulti significa anche aver la forza per rigettare ciò che è mero conformismo. Mi sfugge poi il motivo per cui sarebbero da considerare bravi genitori persone represse e senza creatività… Non che i genitori “borghesi” siano necessariamente così, per carità… ma qui si parla di “adeguarsi alle aspettative sociali”;
    3) mi sono laureata grazie a borse di studio per merito e sto cercando di lanciare una carriera come giornalista, social media specialist, collaboratrice di case editrici e librerie, possibilmente insegnante;
    4) spaccherei la testa a chiunque si permette di disprezzare altri perché non abbastanza borghesi;
    5) apprezzo il benessere e lo sviluppo personali, visti come indispensabili anche per poter aiutare concretamente gli altri;
    6) non sono sfavorevole a monogamia, matrimonio e figli, ma vivo attualmente le mie relazioni al di fuori di questi schemi;
    7) sono pansessuale e LEGGERMENTE fluida nella mia identità di genere. (Lo so, non si direbbe, eh?);
    8) sono una poetastra aderente alla subcultura dark;
    9) ho abbandonato qualunque religione istituzionalizzata, mantenendo però un interesse teorico e pratico verso le varie tradizioni spirituali.

    Sono borghese o anarcoqueer? 😀

      1. Nemmeno per me “borghese” è un insulto. Non avrei niente contro i mezzi propri, se non fossi negata per i motori. Non mi interessa la TV on demand, ma bado ad avere computer e smartphone di buona qualità. E libri a tonnellate… A chi non piacerebbero un po’ di legittime comodità? Levano tante preoccupazioni e lasciano la testa libera di occuparsi di ciò che realmente amiamo. In compenso, sono stata insultata io per il fatto di non essere abbastanza borghese da uno che credevo mi volesse bene… Il classico tipo che non si rende conto di essere un privilegiato nelle sue sicurezze materiali e sentimentali, e pretenderebbe che tutti fossero come lui per essere considerati credibili e normali. Quanto alla mia identità di genere, lasciane parlare me, Paolo. Sono nata femmina e sto benissimo con questo. I generi grammaticali della lingua italiana sono solo due, debbo pur sceglierne uno. E scelgo quello che mi rappresenta prevalentemente.

  3. se ti ddefinisci poetastra la tua identutà di genere è femminile, comunque ognuno viva come vuole. Io sono un uomo eterosessuale che non ha la patente ed è ancora scapolo ma non considero “borghesi” in senso negativo chi ha la macchina o una famiglia.

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