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“non è una scelta”. E cosi’ ci si “discolpa”…

zamel

Zamel di Franco Buffoni suscita interessanti riflessioni

Pare che (dico “pare” perché sono giovane e quando l’ha detto non c’ero e non ero attivista), Giovanni Dall’Orto abbia detto che “omosessuali non si nasce nè si diventa, ma si è“.
Anche io la penso in modo non dissimile, la pensavo così anche prima di leggere questa frase all’interno di Zamel di Franco Buffoni, perché ho sempre considerato inutile, se non dannosa, tutta la masturbazione intellettuale sul gene dell’omosessualità.

Vedo nelle persone LGBT ed oppositori lo stesso approccio che si ha quando si indaga una malattia.
Chi se ne frega in fondo se è innata o no?
Ci chiediamo se è innato o meno il nostro non gradire un cibo? o se , forzati a mangiarlo, potrebbe iniziare a piacerci?
No, non ce lo chiediamo, è superfluo.

E in un mondo non omofobico sarebbe superfluo dover dimostrare” che siamo LGBT e lo saremo per sempre.
Ma soprattutto in un mondo laico non sarebbe necessario doverci “discolpare”, dover dire che siamo nati così, che non è un’ideologia, una “scelta”.

Ora io sono davvero d’accordo a dire che non è una scelta (al massimo la scelta è di visibilità, di consapevolezza, anche se anche per la consapevolezza ci vuole intelligenza e cultura), ma mi preoccupa il doverlo sottolineare per sopravvivere, per non essere piallati, corretti, instradati in altro, usati come esperimenti per la “guarigione”.
Spero che nessuno si offenda se non mi interessa, come attivista, ribadire che “non è una scelta“.

Perché se fosse una scelta, sarebbe una scelta che farei, quella di essere transgender, perché non me ne vergogno, non mi interessa essere “normale” e rassicurante.
Che poi io lo dica per provocare, per “scardinare” (amo la parola scardinare, come qualcosa di violento che toglie un’anta dai suoi cardini e le permette di muoversi liberamente), è un’altra questione, e chi mi segue da anni e mi conosce non si stupirà di questo.

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