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Un pride Orizzontale: riflessioni post pride, per una parata meno binaria

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So che molti di voi diranno che sono giovane (vero), che parlo perché non ho studiato la storia e la genesi del Movimento e dei sui strumenti comunicativi (falso), e non accettano che io possa avere visioni iconoclaste e di discontinuità.
Non a caso spesso preciso di non sentirmi in-movimento.

Quest’anno un coordinamento di associazioni, di cui non facevo parte, ha deciso per un pride senza carri e senza musica discotecara lanciata dai carri. Il motivo? Credo la crisi economica, ma si parla ufficialmente di ecologia.

Personalmente ho sempre sentito le lesbiche parlare di un gay pride maschilista che parla solo di uomini gay, di sesso, e di corpi nudi.
Le lesbiche attiviste spesso in questo clima si sentono cancellate, invisibili.

Io proverò a dirvi che anche io sono per un pride senza carri, ma la nudità c’entra ben poco, in quanto tutti noi possiamo sfilare in perizoma anche senza essere sopra un carro.
Il carro è qualcosa che non tutti possono permettersi. E’ qualcosa che può permettersi una grande associazione (spesso gay maschile), o uno sponsor (una sauna, un cruising, un locale pensato per l’uomo gay).
Per questo i “poveracci” del movimento (attivisti, piccole associazioni, lesbiche, bisessuali, attivisti trans…) saranno sempre “sotto“, meno visibili.

Saranno i grandi locali e le grandi associazioni che decideranno quale musica di Lady Gaga rappresenterà la comunità, e verrà “innalzata“, appunto, sopra un carro.
Eppure ognuno di noi è portatore di se stesso, e non tutti abbiamo un’identità inequivocabilmente visibile e comprensibile. A volte serve uno striscione, un cartello, una maglietta, a veicolare le proprie identità o idee.

Ma non tutti coloro che vanno al Pride sono attivisti e vogliono veicolare idee. Qualcuno, molti, vogliono mostrare la propria libertà ed espressione di se stessi, e che lo facciano!
Ma perché alcuni su un carro ed altri no?

Sarei contrario anche se, ad esempio, ci fossero carri solo per attivisti e tutti gli altri giù, come se ci fosse l’esclusiva concettuale e culturale concessa agli uni a discapito degli altri.
E se ognuno di noi portasse se stesso? la sua musica, i suoi vestiti o non vestiti, i suoi cartelli, il suo sguardo?
Se per una volta fossimo tutti alla stessa altezza? Se fosse un Pride davvero orizzontale?

 

2 commenti su “Un pride Orizzontale: riflessioni post pride, per una parata meno binaria”

  1. Mi sembrano riflessioni molto sensate, da attuare.
    Anche nei movimenti progressisti il genere umano si porta dietro le sue contraddizioni, a volte senza accorgersene.
    Tuttavia, chi è fuori questi gruppi, non si accorge dei conflitti.
    La manifestazione serve a chi la fa e, la dichiarazione dei propri orientamenti, serve soprattutto a se stessi.
    Solitudine e incomunicabilità rimangono.

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