“E quindi perchè sei ateo?”
“La chiesa ne ha combinate troppe alle donne/alle persone LGBT”.
La risposta fuoritema arriva sempre, inesorabilmente.
E io posso solo guardare, osservatore inerme e impotente, a questa incapacità di distinguere la religione
(dal latino, religio, unire…quindi di natura sociale e morale) e la spiritualità personale (il rapporto col cielo stellato sopra di noi).
Osservando le realtà cristiane, sia virtuali che nelle comunità di ricerca religiosa (anche se la mia ricerca si estende ad altre realtà spirituali, anzi, è proprio partita da Oriente e dalle filosofie pre-cristiane), vi è una netta minoranza di donne, anzi, oserei dire di “femmine“, LGBT.
Quindi si tratta di donne lesbiche, ragazzi ftm, e in generale anche donne etero (femministe e non).
Perchè ho detto “femmine” e non “donne“? Voglio forse offendere gli ftm? considerarli più per il corpo che per il genere?
No, ma voglio concentrarmi sul retroterra che il nato o la nata femmina si porta da un’infanzia in cui ha osservato una religione che mortificava il ruolo femminile, non facendo accedere le donne a ruoli clericali di potere (donne che comandano donne si, madri, badesse…ma giammai che domandino uomini!), e propinando contenuti spesso reinterpretati o presentati tramite una lettura acritica se non manipolata che offendono il femminile.
In generale comunque sono tante, e non solo nate xx, le persone che si portano dentro un vissuto di rabbia e di rifiuto per la religione, che identificano col cattolicesimo o, nelle letture più accurate, con le religioni rivelate.
Questa confusione giudaicocristianocentrica continua anche quando si riesce a parlare realmente di spiritualità e ci si concentra sul “trascendente” vero e proprio, e “dio” viene identificato con Jahvè, quindi, vista l’interpretazione “da catechismo“, un dio padre e maschio, antropomorfo, che propina contenuti morali sessuofobi e sessisti, quando se qualcuno si preoccupasse di leggere la bibbia, e in ordine, pagina per pagina (seguendo la consequenzialità di simboli, metafore ed allegorie), capirebbe che la lettura sessuofoba e sessista è spesso posteriore e funzionale a giochi di potere tutt’altro che divini.
Vengono volutamente dimenticate tutte le visioni di un dio che non coincida con quello abramitico e non abbia “nel pacchetto” anche la vita oltre la vita e l’anima. Viene del tutto dimenticato che si può credere in un dio filosofico, creatore e disinteressato alle nostre misere sorti.
Altro problema che ho notato è relativo al rifiuto delle religioni “tradizionali” (da me preferite a livello dottrinale), da donne e persone “radicali”. C’è una maggiore attitudine all’adesione di pensieri più legati alla new age , ai politeismi (che evitano di doversi confrontare con un dio uno, masculu e binario), al wellness, a tendenze bioecologiche, e a maestri moderni, di fine ottocento quando non degli anni settanta.
Eppure un ricercatore spirituale, se non dovesse sentirsi oppresso dalla parola “tradizione“, dovrebbe cercarla, per poi crearsi da solo un personale sincretismo, e non affidarsi alla sintesi fatta da cotal santone.
Ad ogni modo la matrice 2×2 presenta casi variegatissimi, di persone estremamente credenti ma anche molto laiche, ma anche persone estremamente bigotte che, mettendo a primo posto l’identità religiosa e al secondo l’identità di genere/orientamento sessuale, vivono stati di vera negazione e rinuncia inseguendo una lettura (malfatta) alla lettera dei testi sacri.
Ad ogni modo continua la “saga” dell’incomprensione e della confusione tra pubblico e privato, e la stessa confusione viene riservata anche alla battaglia per la laicità delle istituzioni, in cui la parola laico viene confusa con la parola laicista, e addirittura con la parola ateo, quando la riflessione sulla tutela della aconfessionalità delle Istituzioni parte spesso da persone che, nel privato, sono ricercatori spirituali, ma allo stesso tempo impegnati nella battaglia per una politica “a-morale” e trasversale.
Basti pensare, per esempio, al lavoro che fanno i Valdesi e la Consulta per la Laicità delle Istituzioni, composta da radicali, socialisti, atei ed agnostici, ma anche da avanguardie di persone credenti, ma che lavorano per la separazione del “potere temporale e spirituale”
Altre confusioni anche sul concetto di “ateo” ed “anticlericale“, su cui non disquisisco ulteriormente, visto l’alto livello dei miei lettori, ma soprattutto tra “laico” e “multiculturale/interrreligioso“.
Pensiamo al “crocifisso-affaire“. La riflessione su quanto un simbolo possa essere trasversale o, al contrario, esclusivo (nel senso di “che esclude“) o inclusivo, ha spesso coinvolto pensatori e filosofi (gli stessi che ragionano sulle “stanze del silenzio” in aeroporto, al posto delle cappelle), ma anche minoranze religiose (spesso coincidenti con minoranze etniche di immigrati, dei paesi in via di sviluppo), che portavano avanti, parallelamente, battaglie di rimozione dei simboli cristiani (con la reale motivazione di dare uno schiaffo identitario al popolo italiano). ma nel contempo portavano avanti l’illegittima (a mio parere) pretesa di portare le loro tradizioni da noi (anche quelle sessiste) senza alcuna censura, come se non ci fosse una contraddizione intrinseca nel portare avanti queste due istanze.
Ovviamente l’interferenza “multiculturale” ha danneggiato questa battaglia di laicità, che avrebbe avuto piu successo se fosse stata semplicemente un’istanza di aconfessionalità istituzionale (come quella, appunto, relativa alle stanze del silenzio).
Di certo un anticlericale puo’ avere le stesse instanze di un musulmano quando si lamenta che siano solo i cattolici ad avere spazi, di culto…ma è anche vero che quel musulmano cosa ha in comune con le frange atee e glbt del movimento per la laicità?
Staremo forse troppo stretti nello stesso tavolo? Lottare a favore delle minoranze religiose, relativamente ad esempio all’islam, o agli evangelici reazionari, o gli ebrei ortodossi, è una battaglia di “laicità” o di “multiculturalità“? E il rischio non è che si siedano al tavolo persone realmente poco laiche e che si portano dietro un vissuto di omotransfobia?
Personalmente queste sono solo tante note sparse disorganiche di un ricercatore spirituale che ha la pretesa di far convivere due identità: quella di attivista fermamente convinto nel bisogno della totale laicità delle istituzioni e quella di ricercatore di saperi antichi, tradizionali, tramandati con rigore.
Un ricercatore che vorrebbe mettere becco anche nelle chiese che non sono le sue, di qualsiasi tradizione (anche buddhiste, volendo), proponendo l’abolizione dell’imposizione di celibato (e nubilato, sia nel caso di relazioni etero che omo) e soprattutto l’estensione dell’ordinazione anche alle donne (e perché no? alle persone transgender). Ma questo pone un quesito: sono le chiese tramite i loro fedeli (odio la parola fedele, preferisco praticante) che devono emanciparsi? E’ compito di noi “aconfessionali”? Se le religioni emancipassero i loro dettami morali, nonostante tecnicamente li impongano solo ai propri praticanti (e non sempre), non migliorerebbe forse anche la nostra vita? Allora perché non strizzare l’occhio alle chiese friendly (riguardanti le religioni rivelate, ma non solo) o ai piccoli grandi riformatori?
La storica frase “Chi sono io per giudicare” potrà, dal punto di vista degli ateisti, potenziare la Chiesa Cattolica, e quindi aumentare il numero di chi “ritrova dio” tramite la fiducia nella Chiesa Cattolica, ma se l’obiettivo è propriamente GLBT e non ateista, il fatto che questi punti di vista arrivinino a casa della sciura Pina (che non ha bisogno di riavvicinarsi alla Chiesa perchè casa sua è piena di santini da sempre) e la facciano riflettere sul concetto del “non giudizio“, è importante e può gradualmente creare apertura mentale. Del resto chi ha letto il Vangelo, anche solo per studio antropologico e/o simbolico, sa che l’insegnamento del non giudizio è presente molte volte, tramite vari personaggi condannati dalla “Legge” dell’ebraismo (pubblicani, meretrici, adultere…), ed è forse l’insegnamento più importante del personaggio storico e maestro Jesus (tralasciando il fatto che “potrebbe” essere nato da una vergine, argomento che personalmente non mi riguarda). Da studioso del buddhismo, penso che in fondo la tematica del non giudizio sia trasversale e sincretica, azzardo il termine “archetipica”, violandone il significato, per dirvi di come secondo me è primaria nella spiritualità e nella natura umana e nel suo tentativo di migliorarsi.
Rimango un aconfessionale, un viaggiatore spirituale libero ed irrequieto, ma il confrontarmi con persone spirituali e non mi arricchisce. E alla spiritualità sono arrivato, paradossalmente, tramite l’attivismo per la laicità.
Continuo a vedere che chi insegue una spiritualità spesso si interessa anche di laicità: è un modus operandi delle persone più evolute che sanno discernere? Siamo sicuri che sia, realmente, un caso?
Beh, a mio parere una risposta simile alla domanda “perché sei ateo” non è propriamente da ateo, ma è di qualcuno a cui non sta bene l’andazzo della chiesa sia adesso che in passato. Avrebbe dovuto dire “non sono cattolico” o al massimo “non sono cristiano”, anche se questa risposta si trova spesso nel repertorio degli atei veri e propri ma è più una risposta istintiva che ragionata. Sono d’accordo che c’è una certa confusione tra laico, che comprende oltre alla maggioranza degli atei, anche i cattolici irrequieti, i valdesi, i buddhisti ecc., l’equivoco spesso deriva dal fatto che la punta di diamante del laicismo è rappresentata dagli atei o agnostici veri e propri. Ma questi, pur rappresentandone la voce più alta, non ne hanno il monopolio. Si può essere religiosi e schiettamente laici. Aggiungerei poi che non farei ricadere fra i laici anche una parte di atei/agnostici intolleranti o fondamentalisti. Chi odia i credenti in genere, a mio parere, manca di laicità proprio in quanto non riconosce la stessa dignità a persone che professano una fede religiosa.