Transgender ftm e immaginario collettivo: Perché c’è poca visibilità nel mondo transgender? ed in particolare in quello ftm? Cerchiamo di capirlo. Vi racconto le mie considerazioni sull’argomento….
Transgender ftm e immaginario collettivo: Riflessioni socio-politiche sulla visibilità transgender e in particolare f to m.
La realtà ftm è sempre stata una realtà nascosta. Lascia riflettere che la prima volta che ho sentito parlare di un ftm era il 2001 e io avevo 17 anni.
Era il programma “Al posto tuo” della De Usanio, e un ragazzo ftm di nome Antonio (all’anagrafe Antonella) desiderava, invano, ricongiungersi alla sua famiglia.
Nella trasmissione non erano usate le parole trans, transgender, transessuale o ftm.
Vederlo accese in me una lampadina. Avevo allora un professore omosessuale (a dire il vero molto binario e maschilista) che non di rado amava affrontare tematiche gay e trans, ma smentì subito la possibilità che potessero “esistere” gli ftm, chiarendo che probabilmente mi stavo confondendo con condizioni di ermafroditismo.
In realtà credo che la vera difficoltà del mio professore fosse nel capire la possibilità di una ricostruzione genitale ftm, ed era questo quello che subito aveva precisato: “…perché è impossibile ricostruire un pene”.
In poche parole: se non è possibile ricostruire un pene, non possono esistere “transessuali” da femmina a maschio.
Transgender ftm e immaginario collettivo: Thomas Beatie e Gabriele Belli
Anni dopo avrei seguito il caso di Thomas Beatie e le dinamiche del personaggio ftm chiamato Max, della serie LWord.
La realtà ftm è risultata invece visibile al popolo, di fatto, con la partecipazione di Gabriele Belli al Grande Fratello.
In quel periodo frequentavo la lista ftm e ricordo pareri discordanti su questa apertura.
Transgender ftm e immaginario collettivo: i perché
Di fatto un ragazzo ftm non medicalizzato viene di solito scambiato per una donna mascolina, per una lesbica “visibile”, oppure, nel migliore del casi, per un ragazzo adolescente. Di solito è soggetto a episodi di bullismo e di scherno in proporzione inferiore rispetto alla mtf non in transizione.
Il soggetto ftm in transizione ormonale di solito, per i primi mesi, risulta “incomprensibile”. Le persone sono in difficoltà se rivolgersi a lui usando il maschile o il femminile, e il soggetto spesso ne soffre, anche se, più raramente, si compiace della sua ambiguità.
Infine, il soggetto che prende ormoni da circa un anno è, se vestito, indistinguibile da un uomo biologico.
Se le mtf sono fortunate sul fronte “ricostruzione dei genitali”, spesso sono più riconoscibili come trans, a causa di fattori biologici come la voce o l’altezza. L’ftm, quindi, giova dei benefici in maniera inversa.
L’attivismo degli ftm è molto meno frequente e diffuso, nel senso che, rispetto alla percentuale ftm nel totale di persone trans, la percentuale di ftm attivisti rispetto a quella delle mtf attiviste è ridotta.
E’ anche vero che, in generale, dopo la rettifica dei documenti spesso molte persone transgender, smettono di fare attivismo, soprattutto se di orientamento sessuale etero, quindi “abilitate” a tutti i “diritti eteronormativi” dopo il cambio documenti.
Spesso noto il disinteresse della comunità trans all’argomento “matrimonio e coppie di fatto”.
In effetti se fosse reso “neutro” il matrimonio, la persona transgender non sarebbe costretta ad annullare il matrimonio dopo la rettifica anagrafica, e le due persone potrebbero scegliere insieme se continuare o meno il percorso matrimoniale.
E’ pur vero che una persona transgender etero, come una donna trans attratta da uomini, potrebbe provare fastidio a sposare un uomo risultando lei stessa, anagraficamente, un uomo, quindi “come se fossero una coppia gay”.
Ho sentito spesso giovani trans ftm pre-t o da poco in transizione avere pulsioni attiviste, ma decidere di non esporsi fino al raggiungimento della “indistinguibilità” rispetto all’uomo biologico.
Vi è un impulso, legittimo, a cancellare il passato.
Il transgender non medicalizzato non raggiungerà mai, per scelta, quelle sembianze fisiche, ed è quindi più incline ad esporsi.
Sicuramente l’attivismo transgender è un attivismo con obiettivi, priorità e finalità diverse dall’attivismo gay/lesbico, e troppe volte i pochi personaggi che hanno scelto di esporsi hanno ricevuto critiche del tipo: “tu non ci rapprensenti”, quando invece non andrebbe dimenticato che un gay attivista, esattamente come una lesbica o un transgender prima di tutto rappresenta la sua personale realtà.
Molteplici le scelte, molteplici le giustificazioni, io penso che siano tutte scelte valide, ma rigiro a voi la domanda:
visibilità si o no?
Nath