Vai al contenuto
Home » Articoli Non Binary – Progetto Genderqueer » Riflessioni Post Bologna Pride 2012

Riflessioni Post Bologna Pride 2012

Riflessioni Post Bologna Pride 2012

Torno devastato dal Pride Bologna 2012.

Non perchè sia stato un brutto pride: l’esperimento senza carri, a parte problemi logistici di mancanza di “guide fisiche” e di “ombra” (ombra in senso letterale, a giugno un carro fa anche ombra! °_°), spero sia ripreso, magari in modo più smart, in futuro. Anzi, è opinabile che, in una manifestazione di protesta per la mancanza di diritti e per i pregiudizi verso la diversità, carri e persone nude spariscano per sempre.

Ho riflettuto molto alla mia presenza come attivista all’interno del movimento, una riflessione che è partita dal confronto con alcuni attivisti storici anche nei giorni precedenti al pride stesso:
c’è una parte di attivisti storici che ha una visione del movimento basata su gay, lesbiche, e travestiti (in sostanza tutte persone omosessuali, in quanto loro considerano i travestiti come uomini omosessuali…mentre le donne non si travestono..) che aspirano a una legge per i matrimoni.
In questa visione, non trovano spazio i bisessuali, i transgender e i transessuali, perchè per loro le due prime categorie “non esistono“, e la seconda “ha già una legge” perchè i transessuali cambiando il documento possono sposarsi.

I gay e le lesbiche, che sono “ignoranti” sulle tematiche t, pensano che una legge che, con lo svuotamento dai propri organi riproduttivi di nascita, permette di cambiare i documenti e poter conseguire un matrimonio etero (dal loro punto di vista tutti i trans sono etero, tutti i trans desiderano eliminare l’organo riproduttivo e non diventare genitori genetici), è una “buona legge”, quindi queste persone rappresentano un rallentamento del movimento gaylesbico e della loro corsa verso il matrimonio omosessuale.

Spesso viene detto che le persone t/q sono incapaci di avere istanze comuni, prese nelle loro battaglie interne spinte dalle proprie ferite interne, che fanno si che al posto di pensare a quali diritti vogliono, pensano a quali diritti non deve avere “chi non ha avuto il coraggio di finire sotto i ferri”.
Poi ci sono singole persone t che non volendo stare in gineprai sopracitati cercano di inserirsi in associazioni di fatto gaylesbiche, dando una mano nelle cause dei gay e delle lesbiche (matrimoni etc etc) ed essendo più o meno ignorate per le loro istanze, costrette a rognare per i testi dei comunicati stampa (in fondo mettere “e identità di genere” e mettere GLBT non è che sia uno sforzo così estremo…eppure…).
Poi ci sono realtà t che funzionano, ma, giustamente, più che fare politica, fanno servizi alla persona, orientamento, consultorio, ed è un bene che ci siano!
Quindi gay e lesbiche dimenticano, e vogliono dimenticare, che le persone transessuali sono statisticamente poche rispetto alle persone omosessuali, ma spesso hanno problemi di vita basilari, come il lavoro, e non possono permettersi di fare attivismo, oltre a quelle che, dopo il cambio del documento, vogliono viversi una normalità che hanno sempre sognato (e io non sono qui a giudicarli).

Poi ci sono i transgender, ovvero quelli che transizionano di genere e non di sesso, e tecnicamente “Non hanno bisogno” dei consultori perchè non effettuano trafile medico/legali: qual’è la loro istanza? La piccola soluzione? il cambio del nome? la legge argentina? (che permette di cambiare i documenti senza alcun intervento neanche ormonale).
Forse i transgender, come i bisessuali, si aggregano a transessuali e omosessuali per alcune istanze, ma soprattutto anch’essi hanno estremo bisogno di una legge contro l’omotransfobia, in quanto, a quanto mi risulta, vivere apertamente come bisessuale o transgender non è meno difficile che vivere apertamente come omosessuale o transessuale….quindi nella lotta per fare cultura e informazione sull’inclusività e la diversità siamo e dobbiamo essere tutti insieme…che è un po’ quello che facciamo in MilkMilano (e infatti la mia crisi di appartenenza non riguarda l’associazione in cui lavoro, ma il movimento stesso).

Poi ci sono i queer, quasi tutti DJ: a volte quando mi pongo verso/contro di loro prendo posizioni alla Dall’Orto…che istanze hanno?
Sono un sostenitore della teoria antibinaria (intesa contro il binarismo di ruoli e stereotipi di genere, battaglia non propriamente GLBT, ma che riguarda tutto il sistema sociale) e NON PENSO che chi la sostiene non ha istanze…perchè forse non ci sono leggi specifiche per combattere il binarismo, ma l’attivismo è anche cultura, anche informazione:
c’è da dire che spesso questi queer sono, come dicono i vecchi dell’arcigay, gay e lesbiche velate, e che della lotta al binarismo non è che gliene freghi davvero, e tutto finisce in un esibizionismo da locale senza effettivamente toccare tematiche o istanze, sicuramente non politiche ma almeno sociali!
A mio parere, comunque, anche un queer/antibinario (che puo’ essere gay, bisessuale, transessuale, ma anche etero), dovrebbe pretendere una legge contro l’omotransfobia e promuovere la cultura della diversità, perchè il machismo, il binarismo, il pregiudizio e la cultura dello stereotipo che opprime un gay, una lesbica, un transessuale, opprime tutte quelle persone che in qualche modo scardinano lo stereotipo di genere in cio’ che sono e in cio’ che ricercano nel/nella partner.

Ho sfilato per ore come un coglione sotto il caldo chiedendomi dove erano gli altri come me, e , fuori dall’associazione, vedevo solo il vuoto.
Vedevo Leonardo Meda, accanto a me, e lo vedevo solo come me nella sua causa, per cui impiega non meno tempo di quello che impiego io (lui bisessuale dichiarato).
Avremo mai spazio? me lo chiedo, ma nel frattempo sfilo sotto il sole senza l’ombra di un carro…

Nath

3 commenti su “Riflessioni Post Bologna Pride 2012”

  1. … con molta strada ancora da percorrere.
    Fai bene ad avere fede, quando lo si fa con entusiasmo, comunque vada, avrai imparato e vissuto moltissimo.
    Mi sembra, tuttavia, che tu faccia troppo affidamento sul sostegno degli altri. Preparati a fare tutto da solo, sempre.

  2. È dai primi anni ‘90 che l’Organizzazione Mondiale della SaNITà (OMS) non considera più l’omosessualità come una malattia o un disturbo mentale (neanche quella che un tempo veniva definita ego-distonica), ritenendola semplicemente una “variante naturale del comportamento sessuale umano”. Nonostante ciò ancora oggi c’è chi sostiene che le persone che non sono eterosessuali vadano in qualche modo riparate in questo aspetto della loro personalità. “Curare i gay? Oltre l’ideologia riparativa dell’omosessualità” è il titolo di un nuovo libro appena pubblicato da R. Cortina Editore nel quale tre psicologi e psicoterapeuti (Paolo Rigliano, Jimmy Ciliberto e Federico Ferrari) affrontano il problema delle terapie riparative da un punto di vista rigorosamente scientifico, analizzandole nei loro aspetti clinici, psicoterapeutici e culturali e dimostrandone l’inefficacia e la dannosità. Ne abbiamo parlato con Paolo Rigliano, che già in passato aveva affrontato le tematiche legate all’omosessualità in “Amori senza scandalo”.

Rispondi