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Il bombardamento di tesisti e questionari che sommerge le persone transgender

E’ da quando ho aperto questo blog, nel lontano 2009 (e ancor più dopo l’inizio della mia presidenza, nel 2010), che la mia casella di posta è sommersa di tesisti, desiderosi di “somministrare” a me, e a tutti i miei lettori, per via orale o anale, non si sa, dei questionari con domande oltre ogni livello di privacy, sulle nostre vite sessuali e non solo, senza mai riferimenti chiari alla “tesi” che la loro “tesi” di persone cisgender eterosessuali (o omosessuali) che volevano dimostrare “studiandoci” con tutte quelle domande pruriginose.

Ho sempre osservato, con sgomento, pagine, blog, e associazioni di amici che stimo, condividere con ardore tutti questi link a questionari, sollecitando lettori e lettrici a darsi una mossa a rispondere per “aiutare” queste persone così gentili e brave a “considerare” il nostro tema.

Quello che davvero non capisco è come si possa pensare che il nostro tempo non valga niente, e che l’unico “appagamento” possa essere quello che ci venga inviato qualcosa che in qualche modo ci nomina e ci “fa esistere”, anche se, a dirla tutta, spesso questi questionari escludono le persone non binary, le persone asessuali, demisessuali, pansessuali, transgender non medicalizzate, sono pieni di errori concettuali su sesso, genere, espressione, ruoli, identità, orientamenti, e spesso la persona transgender diventa un relatore di tesi aggiuntivo, ovviamente gratuitamente, e “per la gloria”.

Nessuno pensa mai, quando disturba un circolo, o un progetto blog, di proporre una donazione simbolica, per pagare queste realtà, che hanno una grande visibilità sul bacino d’utenza che interessa al tesista, e rimborsare il loro contributo. Nessuno rimborsa mai tutte le correzioni della struttura del questionario, che, senza di esse, avrebbe fatto parte di una tesi imprecisa e concettualmente errata.

Spesso veniamo “dimenticati” anche nelle bibliografie alla fine di queste tesi. A volte, addirittura, ci viene richiesto un colloquio telefonico o in videochiamata, che ci impegna magari più di un’ora, anche questo senza alcun riconoscimento, donazione, ringraziamento.

Impariamo a dire no ai tesisti, all’occhio morboso che ci spia, magari con la collaborazione di un vecchio barone universitario conservatore, che ci “studia” con approccio psichiatrico, per far sentire il tesista etero un po’ “open”, e il tesista cis gay “un po’ meno diverso” di coloro che studia.
Diciamo basta ai tesisti!

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