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Far entrare l’uomo xx nell’immaginario collettivo

Raramente un uomo ftm viene percepito come tale: viene scambiato per una donna o per un maschio biologico. Questo avviene perché non esistiamo nell’immaginario collettivo.

androginia

Questo post si collega ai post precedenti: sia a quello sul fenomeno “passing woman“, sia a quello che tratta del “passing, misgendering e deadnaming” per le persone non med e non binary.

Passing: un doppio significato

Mi sono a lungo interrogato sul doppio utilizzo della parola “passing”. L’utilizzo principale riguarda il passare come appartenenti al sesso opposto a quello di nascita, quindi si viene percepiti non solo del genere d’elezione, ma come “nativi” del sesso tradizionalmente legato al quel genere d’elezione.
Questo tipo di passing avviene quando una donna trans viene scambiata per una donna nata biologicamente femmina e quindi non si immagina neanche che sia transgender.

Vi è un secondo tipo di passing, che è quello dell’apparire perlomeno transgender e non altro. Avviene, ad esempio, quando è chiaro all’osservatore che la persona, per esempio una donna trans, appare ai suoi occhi proprio come donna trans, quindi di sesso maschile e di genere femminile, e quindi non appare come uomo gay, effeminato, uomo vestito da donna, trav, ma neanche come donna biologicamente femmina.
Quando una persona appare come “trans”, i comportamenti messi in atto possono essere due: rifiuto o accettazione.
Una donna trans, anche lontana dall’apparire biologicamente femmina, potrebbe avere il rispetto del proprio genere proprio perché, nei decenni, le donne trans hanno fatto informazione sulla loro condizione, anche solo muovendosi nel mondo e rivolgendosi a se stesse al femminie, e chiedendo agli altri di farlo, e quindi comunicativamente sarebbe chiaro il suo “sentire”, e quindi come questa persona desidera essere trattata e appellata.

Il lavoro del femminismo sui modelli alternativi di donna

La cosa si complica, invece, in direzione ftm.
Il femminismo, soprattutto quello portato avanti da donne che rivendicavano il loro diritto ad un’estetica non stereotipicamente femminile, ha rivendicato il fatto che una donna, priva di tutti gli “orpelli” che la società le imponeva per considerarla attraente e “femminile”, è comunque donna, è esponente di un tipo di femminilità alternativa, un modo diverso di essere donna, e a lei ci si deve rivolgere con lo stesso garbo con cui ci si rivolge ad una signora.
In un’ottica antibinaria, che è la stessa che portiamo avanti noi, questo concetto è sacrosanto, anche per il fatto che tutto ciò che è biologicamente xx ma non “femminile” (secondo lo stereotipo), viene spesso maltrattato.
Non so quanti aneddoti mi sono stati raccontati da amiche butch o amici ftm non med oppure non binary di biologia xx, in cui venivano visti come persone “poco raccomandabili” e maltrattati presso attività commerciali o uffici pubblici, trattati con sufficienza, oppure ricevendo il “tu“. In poche parole, il lavoro delle femministe, affinché si rispettasse la “virago”, è un lavoro importante.

Le complicazioni per le persone transgender “native” xx

Il problema dell’aver fatto questo lavoro è che attualmente, una chiaramente di biologia xx, ma priva di accessori culturalmente femminili, non viene vista come altro rispetto ad una signora.
Non sto dicendo che sia sbagliato che questa figura possa essere vista come una signora: potrebbe essere una donna eterosessuale “tomboy” oppure una donna lesbica butch.
Il problema è che attualmente quest’immagine estetica potrebbe essere incarnata anche da persone biologicamente xx che però psicologicamente sono uomini o ragazzi transgender o persone non binary, persone poco felici di essere considerate “signora”.
Ci si mette di mezzo anche il maschilismo, che dedica parole come “dottore, avvocato, ingegnere, architetto” a ciò che è xy, o ciò che xy “appare”, e riserva alle persone xx un generico “signora”, che ci fa sentire la moglie, la madre di qualcuno, un suppellettile, un orpello.

I più fortunati sono quei ragazzi xx, non med e non binary, che riescono ad apparire come dei ragazzini biologicamente maschi, anche se spesso appena parlano questa magia viene rotta. Se invece stiamo parlando di ragazzi xx medicalizzati, allora nel giro di pochi mesi, essi appaiono come appartenenti al sesso maschile, e nessuno alla vista penserebbe che sono uomini trans: essi appaiono uomini nati maschi come tutti gli altri.

Far entrare l'uomo xx nell'immaginario collettivo

Esistere nell’immaginario collettivo come uomini e ragazzi xx

Quello che si evince è che non esiste,  nell’immaginario, la figura dell’uomo transgender.
Non dico che, se esistesse, non ci sarebbe lo stesso qualcuno che misgendera per transfobia ed ostilità al tema, ma se l’immagine dell’ftm non med, o del non binary di biologia xx, entrasse nell’immaginario collettivo, quantomeno l’osservatore, alla vista di una figura chiaramente di biologia femminile ma con espliciti tratti estetici non canonicamente femminili, potrebbe domandare a se stesso/a se ha di fronte una donna emancipata dagli stereotipi, una donna lesbica, oppure una persona transgender, e a quel punto basterebbe vedere come la persona si definisce, e adattarsi poi al genere grammaticale che la persona usa per se stessa.
Piuttosto, se proprio la persona non è avvezza al rivolgersi, fino ad allora, con perifrasi neutre (cosa possibile, e le persone transgender lo fanno da secoli), può anche provare con una domanda diretta, che può risultare sgradevole, ma è sempre meglio del misgendering.

Gli strumenti per l’esistenza: la visibilità sociale e l’informazione

Se l’uomo xx entrasse nell’immaginario collettivo, come persona di sesso femminile ma di identità di genere maschile, ci sarebbero molti meno imbarazzi, nelle attività commerciali, ma anche sui luoghi di lavoro.
Ma cosa occorre? Occorre la visibilità.
Occorre che le persone xx di identità “non femminile” correggano, spieghino, in modo pacato, ma efficace. Solo la visibilità, e un lavoro faticoso e costante, può rendere la nostra esistenza una delle possibili opzioni, e per farlo ci vuole coraggio, ragazzi, un coraggio che dobbiamo iniziare ad avere, per quanto imbarazzante possa essere dire che siamo uomini a chi ci ha appena chiamato signora.

Il tabù sociale del misgendering (anche a persone cis)

Se può consolarci, è successo anche a qualche amico biologicamente maschio, gay ma non solo, di essere appellato al femminile.
Di certo, correggere crea un grande imbarazzo generale, visto che il sessismo porta le persone a provare grande vergogna nel misgenderare (anche e soprattutto quando avviene verso le persone cis: immaginate il momento in cui qualcuno scambia una vecchietta per un vecchietto o viceversa?), ma è un passaggio necessario.

Le trans lo hanno fatto: ora tocca a noi

Se le trans, con la loro presenza a volte “ingombrante” ci sono riuscite, possiamo farcela anche noi uomini xx, facendo un lavoro sulla poca assertività che spesso abbiamo a causa di un’educazione infantile reprimente.
Assertività, ma anche cortesia, calma, capacità di spiegare. Possiamo farcela: la nostra è la generazione che introdurrà nell’immaginario collettivo l’uomo xx.

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