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la doppia vita delle persone t non medicalizzate

Vivere una doppia vita quando sei transgender senza passing

Riflessioni sparse sull’essere transgender ma al di fuori dei percorsi medicalizzati, e di tutte le strategie che mettiamo in atto (crossdressing, vivere la propria identità di genere “part time”, compromessi vari). 
Ho cercato di esplorare le differenze di strumenti e mezzi che mettono in atto persone xx e persone xy.

Conosciamo tutti il fenomeno del travestitismo.
Molte persone di biologia xy si “travestono“, e non sempre per ragioni di fetish.
A volte si tratta effettivamente di persone transgender, ma che hanno deciso di vivere l’identità femminile “part time, anteponendo la vita diurna al maschile, magari come uomo etero manager in giacca e cravatta e padre di famiglia, con una moglie eterosessuale all’oscuro delle sue sperimentazioni di genere, o nel miglior caso compiacente, nel caso peggiore mal tollerante.

E’ significativo che non si sia mai creato un fenomeno “crossdresser” in persone di biologia xx, come se il fatto che alcuni abiti maschili (nella loro rivisitazione femminile ammiccante) siano “concessi” alle donne, e quindi sia anche difficile un travestitismo “inequivocabile” al maschile (difficilmente una femmina vestita da uomo viene percepita come en travesti o crossdresser, a meno che non si tratti di spettacoli drag promossi come tali, ma sia tutto rigorosamente in chiave ironica).

Ad ogni modo anche in direzione ftm esistono persone costrette a viversi part time, ed esse sono costrette a una violenza “diurna che , per colpa del fenomeno “carta canta” (un documento dissonante rispetto all’identità di genere), e per colpa di una mentalità che tollera le persone T solo se hanno un buon “passing (e quindi un aspetto rassicurante, conforme al binarismo, che lascia pensare che sia “giusta” la strada che quella persona ha intrapreso, visto il risultato estetico), pervade quasi tutte le ore del giorno, del lavoro, a volte anche di situazioni familiari in cui “vedono ma fanno finta di non vedere”.

Quando è una persona di biologia xx a “viversi part time“, c’è meno “binarismo estetico” tra la versione “diurna” e quella “notturna”.
Mentre la crossdresser in direzione mtf compartimenta la sua vita (giacca e cravatta e testa rasata di giorno, tacco dodici e collant di notte), la persona “non in ormoni” in direzione ftm di solito ha un aspetto ambiguo (magari capelli corti, vestiti mai spiccatamente da donna) 24 h su 24, solo che nella vita privata si caratterizza con un’eleganza tipicamente maschile, mentre di giorno si tiene sul neutro, con vestiti sportivi, tagli di capelli unisex (davvero raro che usi una parrucca per la vita “da finta donna” al lavoro…), e quindi appare come una trasandata o una lesbica, prendendosi ingiustamente (ma anche impropriamente) il bullismo lesbofobico o binario verso le donne che se ne fregano di essere attraenti e compiacenti verso il desiderio dell’uomo etero.

Una cosa molto particolare delle persone xy che praticano crossdressing (quelle che lo praticano come strumento di espressione dell’identità di genere di una persona che di fatto è T, ma sceglie di viversi “part time”) è che spesso chiamano in terza persona il loro alter ego femminile.
Non è raro che una persona T mtf che ha deciso di viversi “part time tramite il crossdressing possa dire “oggi compro una gonna a Teresa” (ma scusa… Teresa non sei sempre tu?)

Vivere una doppia vita quando sei transgender

Mi piacerebbe fare con voi un gioco letterario e, anche se non mi verrebbe mai spontaneo farlo, parlare di me in terza persona, come se una delle mie identità sociali ( il mè reale e il mè anagrafico) fosse un “avatar“.
Se proprio devo scegliere una delle due identità e parlarne in terza persona “come se non fosse me”, di gran lunga preferisco farlo con il “me burocratico“, che chiamerò col nome farlocco di “Carmela” (quindi faccio il contrario rispetto ai casi “crossdresser” sopra descritti: considero come avatar l’alter ego femminle burocratico, e come me stesso quello maschile identitario).

Burocraticamente Nathan non esiste, esiste solo “Carmela”.
Se io voglio lavorare, o sposarmi, o adottare, o comprare una casa, è “Carmela” che puà fare queste cose. C’è il suo nome all’anagrafe, anche se poi vedono me, e se pensano che io abbia un aspetto ambiguo “per chiamarmi Carmela“, a sto punto…cavoli loro. E’ il nome ad essere sbagliato, non devo nessuna coerenza con esso.

Quando provano a farmi capire (poliziotti, impiegati delle poste), che c’è qualcosa di sbagliato in me, li ignoro e li invito a fare il loro lavoro e non rompermi le palle, visto che non devo dare spiegazioni (non sono in nessun iter medicalizzato, quindi l’aspetto che ho è assolutamente lecito per avere quel nome, e se a loro sembra che mi stia male, cavoli loro!).

Io vorrei che Carmela sparisse per sempre, come entità burocratica, ma non è possibile.
Al massimo posso cambiarle nome, ma Carmela rimarrà sempre un’entità burocratizzata come F, dal codice fiscale a tutto il resto, che è abilitata a sposare maschi, ad adottare con maschi, etc etc.
Carmela “mi serve“. Devo sopportarla in tutti i contesti dove la burocrazia ha un suo peso. Me la devo portare in diversi luoghi e “la violento” imponendole un aspetto maschile, anche se so che sarà bullizzataper colpa mia“.
Ogni tanto Carmela mi dice : “potresti evitare di avere le basette e il dopobarba? I peli sulla pancia? le gambe pelose? Mi prendono in giro.” E io le dico di star zitta e lavorare per me. Lei deve firmare progetti di architettura, che non possono essere firmati se non con un nome che è riconosciuto dalla legge, soldi che mi permettono di fare attivismo, di vivere per tutte le ore restanti. “Deve solo stare zitta, lavorare, e farsi bullizzare”.

A volte mi sento in colpa.
Ogni tanto clienti e collaboratori la invitano a viaggi in giro per l’Italia in comitiva, aperitivi, e magari tutte queste persone vogliono beneCarmela, vogliono aiutarla  a valorizzarsi, riconoscendole un bel viso, che “coi capelli lunghi…“,
ma io le impedisco di andare, perdendo l’occasione di intessere rapporti con clienti prestigiosi, ma Carmela deve esistere il meno possibile, non deve avere amici, non deve avere vita sociale, perché più ce l’ha, più dovrebbe costruire una menzogna, parlando della sua eventuale relazione come se fosse una relazione etero, inventandosi un sacco di balle, e se esagerasse, io, Nathan, farei davvero fatica a capire qual è la realtà, e dovrei valutare quale sia tramite calcoli matematici, relativi a tempo e spazio, e se Carmela avesse più tempo di Nathan  (e non solo il lavoro e gli affari), io ad un certo punto farei fatica a capire qual è la realtà almeno a livello di percepito esterno, ed è per questo che devo contenere Carmela, ed usarla come se fosse solo uno strumento.

A volte mi sento anche un negriero machista a “sfruttare” una lei per fare i miei “porci comodi” di uomo.
Non le permetto di attrarre uomini eterosessuali. Nè di ammiccare, nè di piacere. Voglio che sia disprezzata dagli etero, anche un po’ sfottuta, ignorata.
In modo che io possa essere attraente per i miei partners gay e bisessuali.

Ma in fondo quanto “Carmela” limita me?
Non posso mai osare troppo col maschile. Non che mi piacerebbe rasarmi a zero, ma avrei difficoltà a farlo, anche volessi, perché metterei troppo a disagio “Carmela” nel suo disperato tentativo di passare inosservata con collaboratori e clienti.
E cosi’ non posso frequentare locali o ambienti dove posso conoscere persone che devono capire cosa sono otticamente. Preferisco amici conosciuti informaticamente, o “dei giri” che padroneggio…per evitare che le spiegazioni debbano sempre precedermi, le tremila premesse, per dire che “non sono quello che sembro“, per cancellare l’immagine che, contro il mio volere, si sono fatti per inquadrarmi.

Una volta una attivista anziana mi disse “non ce la faccio a darti il maschile, eri donna quando ti ho conosciuto
Le risposi: “cara, ma tu mi hai gia’ conosciuto come attivista T“.
Quello che voleva dirmi è che il suo cervello mi ha elaborato come donna la prima volta che mi ha visto, non che io mi fossi presentato come tale. Per questo preferisco che la conoscenza virtuale preceda il primo impatto ingannevole.

Ogni tanto mi confronto che persone con identità poco comprensibili da fuori. Religioni, percorsi esoterici, percorsi politici, orientamenti sessuali, modalità sessuali (asessuali, bdsm, poliamorismo..) e loro dicono che in fondo noi possiamo vivere cio’ che siamo realmente nelle “comfort zone” e che, in fondo, dobbiamo aspettarci ostilità fuori.
Il problema è che una persona puo’ tranquillamente non dire di essere poliamorista, ermetista, buddhista, bdsm , non a tutti, e non dico che non sia una sofferenza mentire.

Ma una persona con una visibilità evidente (effeminato, mascolina, transgender), come fa? Anche volendo, sarebbe una menzogna troppo profonda, invivibile, perché il genere , a causa del binarismo, pervade tutto, e non si può nascondere, e quando lo si fa si prova una profonda violenza.

Persino alcune persone trans ormai “insospettabili” soffrono il dover nascondere il proprio percorso “perché è invisibile“, cosi’ come immagino soffra a dover mettere a tacere l’orientamento sessuale, religioso e politico, o un “lifestyle” una persona con una diversità invisibile.
A volte invece chi è costretto a dover spiegare la sua diversità ogni giorno vorrebbe scomparire, non dover ogni giorno essere una “donna credibile” in alcuni orari e un “uomo credibile” in altri.

La questione della “doppia vita” è un tabù da parte di personenon binary e non med che hanno usato lo strumento del crossdressing o altri strumenti di visibilità (e vivibilità) part time.
Nessuno vorrebbe avere una doppia vita, se potesse scegliere.
E’ una condizione dettata da un mondo pieno di aspettative trova più rassicurante che una persona ambigua compia degli on/off piuttosto che in includerla per quello che è.

8 commenti su “la doppia vita delle persone t non medicalizzate”

  1. non credo che l’importanza dell’identità di genere si possa eliminare: se tu sei un uomo e gli altri ti trattano da donna per via del documento non ti resta che spiegare la tua situazione fino a quando le leggi non cambieranno

  2. È arzigogolato come ragionamento… Ma tolti i vestiti chi sei? Non chi vorresti essere se trovassi il coraggio.. Ma allo specchio vince Carmela o Nathan? Che poi Nathan è un ragazzo gay e non copula con maschi eterosessuali ma un gay non credo potrebbe far sesso con Carmela… Dismessi i panni di Nathan resta il corpo di una donna con seno e vagina seppur con una mente da “uomo”..
    Violenti Nathan o Carmela? L’aspetto è un biglietto da visita importante per la tranquillità della psiche….

    1. Tolti i vestiti, ha la vagina anche chi prende ormoni.
      Anche tutte le femmine biologiche vestono dei “panni”…
      Nasciamo nudi, tutto il resto è travestitismo.
      Se fossimo corpi, io sarei costretto a “copulare” con uomini etero, e invece non è cosi’.
      Io non devo preoccuparmi del “biglietto da visita” che do’ agli altri ma di me stesso.
      Carmela comunque è un nome goliardico.

      1. Un non etero o quanto meno un non bisex non copulerebbe ne con te ne con me… Forse ho un piccolo vantaggio avendo un corpo femminile e solo un pene a ricordare chi (non) ero… Ma sono dettagli..
        Nella testa possiamo pure essere gatti ma se non adeguiamo l’aspetto al cervello continueremo ad essere percepite per quel che sembriamo 😉

        1. “nè con te nè con me”…non so cosa abbiamo di simile io e te visto che vedo il nome deborah.

          ti posso garantire che i miei ex non sono eterosessuali. se vuoi te li presento. sono anche famosi attivisti del movimento gay.

          ma se poi vuoi costringermi alle tue restrizioni mentali, allora è possibile tutto…

        2. ma chi è nato femmina e mentalmente è uomo è logico che voglia adeguare il suo aspetto in tal senso (indipendentemente dall’assunzione di ormoni)

      2. Diciamo questo: noi siamo anche corpo, ma non soltanto, e ognuno cerca di vivere il suo corpo come crede e in accordo con ciò che sente e vuole. ma per forza di cose il rapporto col suo corpo che ha una persona transgender è molto più complicato

        1. oltretutto la frase cardine di questo blog “nasciamo nudo tutto il resto è travestitismo” ok mi va bene come provocazione intellettuale ma non la prendo alla lettera..non mi ha mai convinto l’assunto secondo cui tutto è una specie di recita sociale, una costruzione..mi pare assurdo quanto ridurre tutto alla biologia. Le cose sono più complesse

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